libri proibiti
stampa e censura nel cinquecento
a cura di Maurizio Festanti
L’avvento della stampa mutò in modo radicale rispetto ai secoli precedenti la natura e la dimensione del problema relativo al controllo, sia politico che religioso, della produzione e della circolazione dei libri. L’immissione sul mercato di libri in quantità molto elevata e a prezzi relativamente contenuti consentì una facilità di accesso alla cultura e una diffusione del sapere mai conosciuti prima.
Le straordinarie potenzialità dell’uso della nuova tecnologia furono ben presto rese evidenti dalla rapida diffusione della Riforma protestante. Tra il 1517 e il 1530 gli scritti di Lutero furono divulgati in oltre trecentomila copie: un evento storicamente senza precedenti.
Lo stesso Lutero definì la stampa “l’atto di grazia più alto di Dio”, mentre uno scrittore protestante, l’inglese John Foxe, scriveva: “Quante saranno le tipografie nel mondo, tanti saranno i fortilizi contrapposti a Castel Sant’Angelo, cosicchè o il papa dovrà abolire il sapere e la stampa oppure la stampa avrà infine ragione di lui”.
Per arginare gli effetti della Riforma e per combattere la diffusione delle teorie ereticali, la Chiesa cattolica mise in campo una vasta azione di difesa dell’ortodossia con la riaffermazione, attraverso il Concilio di Trento, dei dogmi messi in discussione dal protestantesimo, con la persecuzione degli eretici e con il controllo e la censura della produzione libraria.
Nel 1542 papa Paolo III istituiva la Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione o Sant’Uffizio, il tribunale preposto alla repressione dell’eresia, mentre risale al 1559 il primo indice dei libri proibiti. La sua struttura, che sarà ripresa dagli indici successivi fino alla metà del Seicento, si articola in tre classi: la prima comprende gli autori dei quali si proibisce la lettura tutte le opere; nella seconda sono raccolti 126 titoli di 117 autori, 332 opere anonime, una lista di Bibbie vietate e un elenco di 61 tipografi la cui produzione è interamente proibita; la terza comprende intere categorie di libri, come quelli senza data e luogo di pubblicazione o ancora le opere di astrologia e magia. Per leggere le Bibbie e i Nuovi Testamenti in volgare, infine, si rendeva obbligatoria un’apposita licenza del Sant’Uffizio che in nessun caso veniva rilasciata alle donne o a chi non conoscesse il latino.
L’estremo rigore e la severità di questo primo indice provocarono vivaci reazioni e proteste, tanto che il nuovo papa, Pio IV, nel 1564 promulgava un altro indice più moderato e tollerante, corredato da dieci regole rivolte a conferire maggiore organicità e razionalità all’azione di controllo e censura. Con la regola decima veniva ribadito l’obbligo di sottoporre ogni manoscritto da stampare all’esame delle autorità ecclesiastiche per ottenerne l’autorizzazione alla pubblicazione (“imprimatur”), mentre la regola ottava consentiva la pratica dell’espurgazione, ammettendo la possibilità che un’opera proibita fosse rimessa in circolazione dopo essere stata corretta con l’eliminazione delle parti incriminate.
Tra le oltre seimila edizioni del Cinquecento conservate nel ricco patrimonio della Biblioteca Panizzi, sono stati selezionati alcuni volumi che recano le tracce più vistose degli interventi di espurgazione e che documentano nel modo più diretto l’impatto che la censura ecclesiastica ha esercitato nei confronti della stampa nel secolo della Controriforma.
Gli strumenti del controllo
Directorium inquisitorum cum commentariis Francisci Pegnae. Multis litteris apostolicis locupletatum
Romae, in aedibus Populi Romani, 1585
Il trattato fu composto nel 1376 dal domenicano Nicolau Eymerich, inquisitore generale del regno di Aragona, e costituisce un vero e proprio manuale dell’inquisitore. Divisa in tre sezioni, l’opera esamina nella prima la dottrina cattolica, nella seconda la “malvagità ereticale” e nella terza la pratica inquisitoriale vera e propria, dall’attività dell’inquisitore alle procedure di inchiesta, dagli interrogatori ai processi. Il Directorium ebbe notevole fortuna: dopo un’ampia circolazione in forma manoscritta, fu stampato per la prima volta a Siviglia intorno al 1500 e poco dopo, nel 1503, a Barcellona; dopo un intervallo oltre settant’anni, fu nuovamente pubblicato nel 1578 a Roma, con un ampio commento del canonista spagnolo Francisco Pena, e ancora, rinnovato nella forma ed ampliato nell’apparato critico, nel 1585 e nel 1587; di quest’ultima edizione uscirono almeno quattro ristampe, tutte veneziane, tra il 1595 e il 1607.
Diverses manières dont le S.t Ofice fait donner la Question
acquaforte, in Cérémonies et coutumes religieuses de tous les peuples du monde. Représentées par des figures dessinées et gravées par Bernard Picard et autres habiles Artistes. Nouvelle édition. Tome troisième
Amsterdam – Paris, chez Laporte, 1789
acquaforte, in Salmon, Lo stato presente di tutti i Paesi e popoli del Mondo naturale, politico e morale
Venezia, presso G. B. Albrizzi, 1740 – 1766, t.
acquaforte, in Juan Alvarez de Colemar, Delices de l’Espagne et du Portugal. Nouvelle édition. Tome V. Leide, Chez Pierre Vanderaa, 1715
Venetia, appresso Domenico Farri, 1572
Opuscolo di propaganda antiereticale, nel quale sono descritte le atrocità commesse contro suore e religiosi cattolici dopo la conquista della città di Ruremonda (oggi Roermond) da parte delle truppe di Guglielmo d’Orange.
Venetiis, [Paolo Manuzio], 1564
Nel marzo 1564, durante il Concilio di Trento, viene approvato da Pio IV un nuovo indice, elaborato da una commissione di vescovi. L’indice, detto appunto “tridentino”, mitiga l’intransigenza del precedente indice di Paolo IV del 1559, rinunciando a proibizioni indiscriminate come ad esempio quella relativa all’intera produzione di alcuni stampatori stranieri. Anche in questo indice, come nel precedente, i libri proibiti sono suddivisi in tre classi: nelle prima sono elencati gli autori di cui si condannano tutte le opere, nella seconda le opere condannate di autori conosciuti, nella terza le opere anonime proibite.
Concilivm Tridentinvm. Velut expressum est in aede Cathedrali D. Mariae sacra
Acquaforte, Padova, Tipografia del Seminario, sec. XVII
Venetiis, apud Nicolaum Morettum, 1596
L’indice tridentino rimane formalmente in vigore fino al 1596, quando viene promulgato da Clemente VIII l’ultimo indice del Cinquecento. Molto vicino allo spirito del Concilio, questo indice contiene, in aggiunta a quello di Pio IV, una lista delle opere registrate in altri indici europei dopo il 1564. Rimane, come concessione alla fazione più severa, il divieto di leggere e stampare opere in volgare.
Madrid, Sumptibus Jacobi Crispini, 1620
Gli autori all'indice
Rerum Scoticarum historia
Francofurti ad Moenum, apud Ioannem Wechelum, 1584
L’umanista scozzese George Buchanan (1506-1582), calvinista e condannato dall’Inquisizione, tanto da subire anche il carcere, è autore di questa storia della Scozia, pubblicata in prima edizione a Edimburgo nel 1582. Questo esemplare della terza edizione ha subito un massiccio intervento censorio ad opera del proprietario, il monaco cassinese Arnoldo di Fiandra, per ordine dell’Inquisitore Generale di Venezia, come recano le note manoscritte sul verso e sul recto del frontespizio.
Historia Iulia sive Syntagma heroicum
Helmaestadii, typis Iacobi Lucij, sumtibus Ambrosii Kirchneri, 1594
Anche questo esemplare è stato corretto e espurgato da Arnoldo di Fiandria, come è dichiarato nella nota finale analoga a quella apposta sull’opera di Buchanan. Entrambi i libri sono stati acquistati a Venezia nel 1596: è appunto in quell’anno che viene pubblicato l’indice di Clemente VIII che, riprendendo e ampliando le condanne dell’indice tridentino, in un’apposita Istruzione definisce con maggiore precisione le regole e le procedure dell’espurgazione, ammettendo anche l’espurgazione individuale. Poiché non era possibile che i tribunali dell’Inquisizione potessero ritirare e correggere tutte le copie di un libro, si concede che ogni possessore possa emendare il proprio esemplare su licenza del vescovo o dell’inquisitore.
Historia Iulia sive Syntagma heroicum
Helmaestadii, typis Iacobi Lucij, sumtibus Ambrosii Kirchneri, 1594
“Nel nome di Dio. Amen. Io Arnoldo di Fiandra, monaco cassinese, con il permesso del reverendo padre in Cristo F. Vincenzo da Brescia, dell’Ordine di San Domenico e Inquisitore Generale del Sant’Officio del Serenissimo Stato e Città di Venezia, ho corretto ed espurgato questa Storia Giulia, divisa in due parti e opera di un autore condannato: la quale, così emendata e corretta mi ha concesso di leggere e trattenere. E in fede di questa concessione, la presente testimonianza di fedeltà, dietro mandato dello stesso R. P., ho scritto di mio pugno, nel monastero di San Giorgio Maggiore il 27 aprile 1596.”
Omnia opera, praeter geographiam, castigata ab Erasmo Osvaldo Schrekhenfuchsio, & ab eodem praefatione, & annotationibus illustrata
Basileae, in officina Henrichi Petri, 1551
Il nome di Erasmo Osvaldo Schrekhenfuchs, matematico e studioso della lingua ebraica, compare nell’Indice del 1559 tra gli autori di cui sono condannate tutte le opere. Entrambi gli esemplari di questo suo commento a Tolomeo, pubblicato a Basilea nel 1551, sono stati espurgati eliminando tutti i riferimenti al suo nome, che è stato cancellato con l’inchiostro o coperto con strisce di carta.
Libellus de sphaera. Accessit eiusdem autoris Computus ecclesiasticus, et alia. Cum praefatione Phi: Melanthonis
.Witebergae, per Ioannem Cratonem, 11 mai. 1553
Il Tractatus de sphaera (circa 1230) del matematico e astronomo inglese John of Holywood, il cui nome è stato latinizzato in Johannes de Sacrobosco, fu in assoluto il trattato di astronomia più diffuso nel Medio Evo. La prima edizione a stampa apparve a Ferrara nel 1472, da allora continuò ad essere stampato per altri due secoli ed ebbe numerosi commentari, tra cui questo di Filippo Melantone (nome italianizzato di Philipp Schwarzerd) l’umanista e teologo tedesco, amico di Lutero, che fu uno dei maggiori protagonisti della Riforma protestante. In questi esemplari, le pagine della sua prefazione sono state eliminate e cancellate in quanto opera di un autore condannato.
Centuriae IX memorabilium [et alia]
Francofurti, ex officina Ioannis Sauri, 1599
Antoine Mizauld, medico e astrologo di Margherita di Valois, compose molte opere d’argomento astronomico, medico, botanico e meteorologico, tra cui i celebri trattati Secrets de la Lune (1571) e Harmonia Coelestium Corporum & Humanorum (1555). Le sue Centurie, in cui sono raccolti 1.200 aforismi, trattano di curiosità naturali e soprannaturali, in una mescolanza di scienza e superstizione che è tipica di un’epoca di transizione come fu il Cinquecento.
Orationes X. De duplici coronatione Caroli V apud Bononiam historiola. Epigrammata
Coloniae, Ioannes Soter, 1535
L’alchimista e astrologo tedesco Agrippa di Nettesheim (1486 – 1535), autore del De occulta philosophia, in cui definisce la magia come la vera scienza, fu un tipico esponente dell’ermetismo e della cultura magica e occultistica rinascimentale. Condannato per eresia, le sue opere furono bandite e messe all’indice. In una nota manoscritta si dichiara che questo volume fu emendato da “d. Michael Clericus Regularis Sacrae Theologiae professor” dietro mandato dell’inquisitore.
Epitome bibliothecae C. Gesneri, conscripta a C. Lycosthene, locupletata per Iosiam Simlerum
Tiguri, apud Christophorum Froschoverum, mar. 1555
Il nome del grande naturalista zurighese Konrad Gesner (1516-1565) fu incluso nell’Indice tra gli autori considerati eretici, dei quali venivano proibite tutte le opere. Successivamente l’Indice pubblicato dall’Inquisizione spagnola a Madrid nel 1612 – 1614 ne ammetteva la lettura solo dopo l’espurgazione. Il Gesner è stato anche definito il “padre della bibliografia” per una delle sue opere maggiori: la Bibliotheca Universalis, pubblicata nel 1545. Dieci anni dopo il suo discepolo Josias Simler ne curò una sintesi, anch’essa da sottoporre a espurgazione. In questa copia si avverte in particolare che “eos omnes authores, qui hiusmodi XX signo notati sunt hereticos esse atque eorum opera a Concilio Tridentino damnata, et prohibita rite et iuste fuisse” (tutti quegli autori che sono segnati con il segno XX sono eretici e le loro opere sono state ufficialmente e giustamente condannate e proibite dal Concilio tridentino).
Historicum opus, in quatuor tomos divisum
Basileae, ex officina Henricpetrina, aug. 1574
Lo storico protestante Simon Schard (ca. 1535-1573) è l’autore di questa monumentale raccolta di scritti sulla storia antica e contemporanea: il primo volume tratta del Sacro Romano Impero, mentre gli altri due si riferiscono ai regni di Carlo V, Ferdinando I e Massimiliano II, con ampie notizie sulle relazioni con l’Impero Ottomano e sulle incursioni turche in Europa. Come avverte la nota in calce al primo volume, l’opera è stata emendata con l’eliminazione dei brani di autori condannati. Il proprietario ha sostituito le lacune con fogli bianchi, in modo che fosse più agevole verificare i testi censurati, confrontando questo esemplare con una copia integra.
Georges Buchanan
Georges Buchanan
Georges Buchanan
Reinerus Reineck
Claudius Ptolemaeus
Claudius Ptolemaeus
Johannes de Sacrobosco
Johannes de Sacrobosco
Johannes de Sacrobosco
Antoine Mizauld
Antoine Mizauld
Conrad Gesner
Conrad Gesner
Conrad Gesner
Simon Schard
Simon Schard
La letteratura al bando
Il Petrarca spirituale
Venetia, s. n. t., 1545. 01
Il Canzoniere del Petrarca è storicamente il primo caso di “rifacimento” di un’opera letteraria, espurgata e manipolata per renderla conforme alla morale o alla dottrina. Già nel 1536 infatti il frate minore Girolamo Malipiero pubblica una riscrittura dei sonetti e delle canzoni petrarcheschi sotto il titolo di Petrarcha spirituale, che avrebbe conosciuto ben otto ristampe fino al 1587. Malipiero, giudicando il poeta colpevole di aver mostrato “gli sconci e molto disordinati affetti e l’angosciose passioni de’ miseri innamorati”, trasforma l’amore terreno cantato dal Petrarca per la sua donna in amore tutto spirituale verso Dio e la Madonna.
Li sonetti canzone e triumphi con li soi commenti
[di F. Filelfo e B. Lapini]
Venegia, impressi per opera de Bernardino Stagnino, 1513
Alla sua vera lezione ridotto dal cavalier Lionardo Salviati
Vinezia, appresso di Filippo et Jacopo Giunti e fratelli, 1582
Uno degli episodi più celebri di riscrittura è quello relativo al Decameron di Boccaccio, “emendato” una prima volta nel 1573 dal monaco benedettino Vincenzo Borghini sulla base delle direttive romane, le quali imponevano che “per niun modo si parli in male o scandalo de’ preti, frati, abati, abatesse, piovani, provosti, vescovi o altre cose sacre: ma si mutin li nomi e si faccia per altro modo che parrà meglio”. L’edizione del Borghini venne sostituita nel 1582 da un’altra ben più pesantemente espurgata a cura di Lionardo Salviati che un contemporaneo definì “pubblico e notorio assassino” del Boccaccio.
Alla sua vera lezione ridotto dal cavalier Lionardo Salviati
Vinezia, per Filippo et Jacopo Giunti, e compagni, 1585
Gli interventi del Salviati sono tali da stravolgere il senso del testo originale e a volte da renderlo persino incomprensibile, come nella decima novella della terza giornata, dove il Salviati tenta di giustificarsi con questa nota: “Si lasciano questi fragmenti per salvare più parole e più modi di favellare che si può”.
Alla sua vera lezione ridotto dal cavalier Lionardo Salviati
Gli interventi del Salviati sono tali da stravolgere il senso del testo originale e a volte da renderlo persino incomprensibile, come nella decima novella della terza giornata, dove il Salviati tenta di giustificarsi con questa nota: “Si lasciano questi fragmenti per salvare più parole e più modi di favellare che si può”.
Il Decamerone spirituale
Venetia, appresso gli heredi di Giovanni Varisco, 1594
Tra il 1525 e il 1557 furono pubblicate 34 edizioni del Decameron, ma, dopo quindici anni di silenzio, a partire dal 1573 si conosceranno solo edizioni espurgate, tra le quali non mancherà anche una contraffazione curata da Francesco Dionigi da Fano e intitolata, in analogia con il Petrarca spirituale, Il Decamerone spirituale.
La Circe. Aggiuntevi le annotationi da Girolamo Gioannini
Vinegia, presso Altobello Salicato, 1589
Il domenicano bolognese Girolamo Giovannini, maestro di teologia e inquisitore a Vicenza, fu uno dei più attivi “espurgatori professionali”. Il suo impegno censorio lo spinse a pubblicare versioni “purgate” di testi letterari di successo, dai quali sono stati espunti i riferimenti licenziosi e le frasi più o meno oscene, le espressioni che possano risultare poco rispettose per la Chiesa e il mondo religioso in tutti i loro aspetti e qualsiasi possibile accenno all’eresia e agli eretici. La Circe del Gelli, in cui sono raccolti dieci dialoghi sul tema della felicità fra Ulisse e i suoi compagni trasformati in animali dalla maga, è la prima opera espurgata dal Giovannini.
La zucca. Divisa in cinque libri. Espurgata, corretta e riformata.
Da Ieronimo Ioannini
Venetia, appresso Domenico Farri, 1592
Nello stesso 1589 Giovannini si cimenta anche con un altro importante testo letterario contemporaneo, La Zucca del Doni, uscita in quell’anno dai torchi di Girolamo Polo e ristampata poi in quattro successive edizioni. Il testo originale subisce ben 350 interventi censori di varia dimensione e rilevanza e la soppressione del racconto “La Pittura della Riforma”, molto probabilmente per la presenza di quel termine tanto compromettente in ambito religioso, anche se nel testo si parla solo della riforma della moda e dei costumi.
Dialoghi piacevolissimi espurgati da Girolamo Gioannini
Vinegia, presso Altobello Salicato, 1590
Nel 1539 Nicolò Franco, scrittore dotato di un’incontenibile vena polemica e satirica che l’avrebbe condotto sul patibolo, pubblicò a Venezia i Dialogi piacevoli. L’opera ebbe grande successo e fu continuamente ristampata sino al 1559. Messo ripetutamente all’Indice a partire dal 1559, il libro di Franco tornò in circolazione a fine secolo dopo essere stato diligentemente corretto dal Giovannini, il quale nella prefazione dichiara che le opere proibite sono da considerarsi “non più vive ma del tutto spente. Hora in tal condizione trovandosi questi Dialoghi e da me essendo ravivati, parmi di potere in loro havere gran parte et senza ammenda dirli quasi miei”.
Orlando furioso con le annotationi di Ieronimo Ruscelli. La vita dell’autore descritta dal signor Giovan Battista Pigna. La dichiaratione di tutte le istorie fatta da Nicolò Eugenico. Di nuovo aggiuntovi li cinque canti
Venetia, appresso Vincenzo Valgrisi, 1568
Il poema dell’Ariosto fece molto discutere i censori che insistettero a lungo sull’argomento della licenziosità morale. Roberto Bellarmino ad esempio suggerirà che il Furioso, letto e cantato ovunque “non sine magno detrimento”, fosse inserito nell’Indice, come effettivamente avvenne alla fine del secolo in un indice portoghese. Il commissario generale del Sant’Uffizio romano Michele Ghislieri, in una lettera all’inquisitore di Genova del 1557, esprime invece l’opinione che “col prohibire Orlando, Orlandino, Cento Novelle et simili altri libri” ci si esporre al ridicolo “perché simili libri non si leggono come cose a qual si habbi a credere, ma come fabule”.
Orlando furioso, con gli argomenti di Lodovico Dolce, & con le allegorie di Thomaso Porcacchi
Venetia, appresso Domenico et Gio. Battista Guerra, 1570
In entrambi questi esemplari del Furioso sono state censurate le parti ritenute licenziose, come alcune ottave del quinto e del settimo canto.
Venetia, appresso Fabio et Agostin Zopini, 1583
Nel 1578 dal Sant’Uffizio si scriveva all’inquisitore di Siena di non permettere che si ristampassero le Satire di Ariosto “se non se ne levano alcuni versi brutti come sarebbe nel primo libro sat. V dove dice male de’ preti e così altre cose nel discorso dell’opera, che se bene non sono heretiche pure sonano male et offendono l’orecchie delle persone pie con tanta licenza di parlare”.
Di Gerusalemme conquistata libri XXIII
Roma, presso a Guglielmo Facciotti, 1593
La Gerusalemme Conquistata è uno dei documenti letterari più significativi del clima culturale che viene ad instaurarsi nell’età della Controriforma. Il Tasso è indotto ad effettuare una completa riscrittura della Gerusalemme Liberata non solo da preoccupazioni estetiche, ma anche da scrupoli religiosi, gli stessi che lo avevano spinto ad autodenunciarsi al tribunale dell’Inquisizione di Bologna, con la speranza di ottenere certezze riguardo alla conformità del suo poema. Il poeta lavorò alla revisione della Liberata fra il 1582 e il 1593, espungendo numerose ottave per accentuarne l’intonazione eroica e per rivederne le allegorie in senso compiutamente cristiano (“percioché l’allegoria è anzi gentile che no; ed io ne vo ricavando alcuna più accomodata a la nostra religione”).
Le rime brevemente sposte per Lodovico Castelvetro
Basilea, ad istanza di Pietro de Sedabonis, 4 mag. 1582
Il modenese Ludovico Castelvetro (1505 – 1571), già sospettato di simpatie ereticali quale traduttore di opere di Melantone e di altri eretici, si sottrasse con la fuga al processo inquisitoriale e venne pertanto condannato come eretico e le sue opere proibite. Nel 1599 l’inquisitore di Modena veniva sollecitato a preparare una “censura perfetta di tutte le opere del Castelvetro”, in vista di una ristampa dei suoi scritti di retorica da molti richiesta. Nell’esposizione delle Rime del Petrarca di Castelvetro, stampata a Basilea nel 1582, il censore modenese individua ben 117 passi da correggere “come cose discordanti dalla verità, o dalla bontà de’ costumi”.
I libri ebraici
Constitutio contra impia scripta et libros Hebraeorum
Romae, apud Paulum Bladum, 1593
I libri ebraici costituivano il principale ostacolo alla conversione degli ebrei e furono perciò oggetto di una politica che andava a colpire con perquisizioni e sequestri la sopravvivenza di una cultura autonoma. Il Talmud, considerato libro sacro dell’ebraismo accanto alla Torà, venne incluso nell’indice del 1559 tra i libri proibiti, mentre con l’indice tridentino si apriva la possibilità di espurgarlo. Nel 1593 papa Clemente VIII, dopo aver rinnovato il decreto di espulsione degli ebrei dagli stati pontifici, eccetto Roma e Ancona, con questa bolla condannava senza appello non solo l'”empio Talmud”, ma anche i libri cabbalistici sia in ebraico che tradotti. Si davano tre giorni di tempo per consegnarli affinché fossero bruciati. Tutti gli altri libri ebraici inoltre dovevano essere sottoposti a revisione.
Yoreh de’ah ‘im hidduse ha-hakam Yosef Karo
Venezia, Alvise Bragadini, 1551
Le due opere seguenti, come dichiara la nota manoscritta, risultano essere state revisionate da “fra Luigi dell’ordine di San Domenico” nell’agosto del 1597.
per li Vedrotti, 1745
Il domenicano Pietro Martire Cangiassi, Inquisitore Generale di Reggio, onde reprimere “gli abusi e scandali”, rinnova con questo editto gli obblighi e le prescrizioni cui sono soggetti gli ebrei e, al capo XI, intima la consegna al Sant’Uffizio entro dieci giorni di tutti i “Libri, Commentarj o Scritti in lingua Ebraica”.
Le immagini negate
Libro del misurar con la vista
Venetia, appresso Giordano Ziletti, 1569 (1570)
Lo spirito della Controriforma colpisce anche le immagini: un documento conciliare del 21 gennaio 1564 decreta che “le pitture nella Cappella Apostolica vengano coperte, nelle altre chiese vengano invece distrutte qualora mostrino qualcosa di osceno o di patentemente falso”. A nemmeno un anno dalla morte di Michelangelo, uno dei suoi seguaci, Daniele da Volterra, viene così incaricato di velare con panneggi le nudità delle figure sacre. Molto spesso anche le illustrazioni dei libri considerate oscene vengono coperte o cancellate.
Metamorphoseon libri XV. Raphaelis Regii explanatio
Venetiis, apud Ioan. Gryphium, 1574
Anche in questo caso lo spirito della Controriforma colpisce anche le immagini: molto spesso anche le illustrazioni dei libri considerate oscene vengono coperte o cancellate.
Cosmographiae universalis lib. VI
Basileae, apud Henricum Petri, 1552
La Cosmographia Universalis è una delle opere più note dell’umanista, cosmografo, geografo e teologo tedesco Sebastian Munster (1489 – 1552). L’opera, che costituisce un compendio delle conoscenze storico-corografiche e geografiche del tempo, fu edita per la prima volta in lingua tedesca a Basilea nel 1544, in sei volumi e illustrata da 471 xilografie e 26 carte geografiche. In meno di un secolo ne furono stampate circa cinquanta edizioni nelle diverse lingue. Il nome di Munster è inserito nell’Indice dei libri proibiti tra gli autori della prima classe, dei quali sono proibite tutte le opere. In questo esemplare espurgato, il censore non si è limitato a cancellare i nomi e i brani incriminati, ma si è accanito anche sui ritratti di Erasmo da Rotterdam e dello stesso Munster.
Cosmographiae universalis lib. VI
Basileae, apud Henricum Petri, 1552
Reggio Emilia, per Hercoliano Bartoli, 1596
Nel dicembre del 1595 il vescovo di Reggio, Claudio Rangoni, pubblica questo editto nel quale sono riprodotti gli ordini e le prescrizioni dell’Indice clementino, ai quali devono attenersi i librai, gli stampatori, i doganieri e gli eredi che ricevono appunto in eredità libri. Tra gli obblighi dei tipografi è incluso anche quello di non stampare alcuna immagine che rappresenti “atto brutto, dishonesto o lascivo nemmeno tra le lettere maiuscole, in particolare nei libri ecclesiastici”. Da quella data nei libri pubblicati a Reggio dalla tipografia di Ercoliano Bartoli, il solo tipografo attivo in città, vengono censurate le iniziali iconografiche che presentano le caratteristiche previste dall’editto.
L'Inquisizione a Reggio Emilia
Regij, Herculianus Bartholus excudebat, 1579
Benedetto Manzoli fu vescovo di Reggio dal 1578 al 1585. In questo decreto del 1579, oltre a registrare i casi per i quali riserva solo a se stesso l’assoluzione, pubblica anche un Sommario della Bolla in Coena Domini con l’elenco di quanti incorrono nella scomunica: al primo punto sono compresi “tutti gli heretici et scismatici di qualunque nome e setta” e coloro che “senza licenza scientemente leggono, tengono nelle loro case o imprimono libri d’heretici”.
Reggio Emilia, nella stamperia di Flaminio Bartoli, 1638
L’Inquisitore di Reggio si propone con questa Breve informatione di fornire ai suoi vicari un vero e proprio manuale per l’esercizio delle loro funzioni. Il trattato è suddiviso in quattro parti che trattano rispettivamente dell’autorità del vicario del Sant’Uffizio e dei delitti contro cui procedere; delle procedure con cui si istruiscono i processi e si interrogano testimoni e sospettati; della formulazione di citazioni, precetti e decreti; di alcuni consigli di carattere generale. In appendice sono pubblicati gli Avvertimenti in materia di Libri prohibiti e sospesi.
Orationes omnes Graece & Latine editae
Basileae, ex officina Oporiniana, 1587
Joannes Oporinus, stampatore a Basilea di Lutero e Melantone, era stato incluso nell’Indice del 1559 tra i tipografi di cui era stata proibita l’intera produzione. Il proprietario di questa edizione di Isocrate, stampata appunto da Oporinus, per sfuggire al controllo inquisitoriale, ne sostituì il frontespizio con un altro fatto stampare appositamente dal tipografo reggiano Ercoliano Bartoli che vi inserì la propria marca tipografica, eliminando ogni riferimento al vero stampatore
Adagia Paullii Manutii studio vindicata
Florentiae, apud Iuntas, 1575
Eustachio Locatelli già inquisitore generale a Bologna e confessore di Pio V, fu vescovo di Reggio dal 1569 al 1575. Come documenta la sua dichiarazione pubblicata in questa edizione, si deve a lui l’opera di espurgazione di una delle più diffuse e celebrate opere di Erasmo da Rotterdam, gli Adagia, che un decreto del Concilio tridentino consentiva di ripubblicare solo dopo essere stati emendati.
In: Francesco Giuseppe Franchi, Memorie della città di Reggio di Lombardia raccolte da varii autori, Mss., [1504-1744 ca.], c. 218r-219r.
Reggio, Vedrotti, 1682
Il domenicano Cipriano Minuti da Cremona, inquisitore di Reggio, con questo editto impone che entro un mese vengano denunciati al Sant’Uffizio i sospettati di eresia e di stregoneria e coloro che “ritenghino scritti che contenghino Eresia o libri d’Eretici”. Con “ordini particolari” ricorda poi agli stampatori, ai librai e ai doganieri gli obblighi connessi alla pubblicazione, al commercio e alla circolazione dei libri. Anche ai “Ciarlatani e Cantimbanchi” si fa obbligo “sotto pena della frusta o di 50 ducatoni, che non vendino historie, canzoni, libretti, fogli o quinternetti che prima non siano veduti da Noi, o da nostri Vicarij”.
Inventario topografico della Biblioteca Comunale di Reggio Emilia
Manoscritto, [1841]
Nel 1815 il Duca, appena rientrato in possesso dei suoi domini, volle che la Biblioteca Comunale di Reggio fosse trasferita da Palazzo San Giorgio, restituito ai Gesuiti, nei locali delle canoniche soprastanti il Broletto. Giuseppe Vecchi, assistente bibliotecario dal 1822 al 1859, pose mano ad una riorganizzazione del patrimonio librario, riservando ai libri proibiti un’intera sala, la Stanza Ottava.
Manoscritto, sec. XIX
Lo stesso Vecchi elaborava nel 1835 le Regole Generali da osservarsi nella Comunale Biblioteca di Reggio, che prevedevano al primo punto il divieto a chiunque di “chiedere di leggere libri dalla Santa Sede proibiti, se non munito dalla stessa di Licenza”. In queste schede l’apposizione della nota “Prohib[itum]” segnalava il divieto di lettura di autori come Erasmo, Machiavelli, Galilei e Voltaire.
Manoscritto redatto da Giuseppe Barbieri, 1801-1810