INC. C 2
Cicero, Marcus Tullius. Orationes. Venezia, Giovanni De Gregori e Giacomo Britannico, 8 novembre 1483. f°.
Legatura in cuoio di capra bruno su assi decorato a secco. Cornice munita di losanghe sormontate da una coppia di fregi fitomorfi vuoti. Negli angoli interni dello specchio, barrette cordonate diritte, curve e occhi di dado, motivi ripresi nelle cartelle circolari e quadrilobata centrale oltreché nei pendagli. Quattro fermagli costituiti da altrettante bindelle in cuoio di restauro e da due coppie di contrograffe in ottone a trapezio con riccio vuoto di aggancio e bottone centrale entro fregi fitomorfi assicurate al piatto posteriore tramite tre chiodi pure in ottone. Scompartimenti del dorso muniti di filetti incrociati. Cucitura su tre nervi. Stato di conservazione. discreto. Volume restaurato. L’impianto ornamentale che ricorda la coperta segnata Mss.Regg.C398 ritenuta ferrarese, il genere di cartella polilobata che non compare solitamente in coperte del tempo prodotte nell’Italia centro – meridionale, e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Secondo le aspettative per le legature italiane coeve, le contrograffe a foggia di trapezio1. Cuoio di ottima qualità. Legatura pubblicata2.
INC. C 45
Persius Flaccus, Aulus. Satyrae, comm. Giovanni Britannico. Brescia, Giacomo Britannico, 17 febbraio 1486 f°.
Legatura in cuoio bruno su assi lignee alla quale sono stati applicati i piatti di una coperta in corame di capra bruno decorato a secco. Cornice caratterizzata da nodi e cerchielli. Nello specchio tre mazzi di fregi fitomorfi su base losangata provvisti di un occhio di dado alle estremità entro fogliami. Cucitura su tre nervi. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura scomparso lungo il dorso. Cuoio stanco. Volume restaurato. Il decoro della cornice1, il gusto germanico dei fregi fitomorfi su base losangata2 e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Caratteristici per le legature rinascimentali italiane, i riquadri ornati con la ripetuta impressione di una piastrella3.
INC. E 15
Filelfo, Francesco. Orationes cum quibusdam aliis eiusdem operibus. [Con:] Aristoteles, Rhetorica ad Alexandrum, tr. Francesco Filelfo. Apophthegmata [in latino], tr. Francesco Filelfo. Galenus, Intro-ductorium ad medicinam principiis [in latino], tr. Giorgio Valla. Brescia, Giacomo Britannico, 18 giugno 1488. 4°.
Legatura su assi, alla quale sono stati applicati i piatti di una coperta in cuoio bruno decorato a secco. Cornice caratterizzata da cordami. Cinque mazzi di losanghe dai lati concavi. Coppia di fermagli di restauro. Scompartimenti muniti di filetti incrociati. Cucitura su nervi. Tagli rustici. Stato di conservazione: Volume restaurato. Se i fregi1 non paiono caratterizzanti, l’impianto ornamentale e le note tipografiche propongono di assegnare la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguite nell’Italia settentrionale.
INC. G 10
Trovamala, Giovanni Battista. Summa casuum conscientiae. [Con:] Sixtus IV, papa, Bulla “Etsi dominici gregis”. Venezia, Giorgio Arrivabene, 9 settembre 1495. 8°.
Legatura su cartone alla quale sono stati applicati i piatti di una legatura in cuoio bruno decorato a secco. Cornice esterna caratterizzata da losanghe munite di margini concavi ripetuti nei mazzi disposti verticalmente nello specchio, interna da cordami costituiti da barrette cordonate diritte e curve. Tracce di quattro lacci. Cucitura su tre nervi. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura parzialmente scomparso sul piatto anteriore, assente lungo il dorso. Bruniture ai piatti. In assenza di evidenti caratteristiche stilistiche proprie di legature coeve prodotte nell’Italia centro-meridionale, l’impianto ornamentale e le note tipografiche assegnano la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Le impronte decorative brunite1 ricordano l’attenzione richiesta nell’impegnativo decoro a secco, una tecnica di decorazione senza oro, impressa sul cuoio. Anticamente l’impressione avveniva sul cuoio inumidito mediante una forte e prolungata pressione manuale di matrici incise, di legno o di avorio, non riscaldate; l’ornamentazione in cavo dei punzoni dava luogo a un motivo in rilievo. Successivamente l’impiego di matrici di ferro o di bronzo opportunamente riscaldate consentì di decorare il cuoio asciutto mediante impressione a secco. Impropriamente, invece, si continua a definire a freddo, specialmente nei testi francesi, una decorazione, priva di oro, simile a quella ottenuta dall’inizio a freddo con matrici lignee. Questa impegnativa tecnica richiede mano ferma e sicura e lunga pratica: se troppo caldo, il ferro rischia di bruciare il cuoio; se non è abbastanza caldo non imprimerà la decorazione con il necessario risalto. I ferri impiegati per l’impressione a mano erano, e sono tuttora, i punzoni e le palette, muniti di breve manico in legno, e le rotelle, dotate invece di un lungo manico che il doratore appoggia nell’incavo della spalla per mantenere più stabilmente la prolungata pressione. Le piastre vengono impresse invece per mezzo del bilanciere. Verso la fine del secolo XV si iniziano ad eseguire anche decorazioni in oro e da allora molte decorazioni sono eseguite anche mediante una combinazione delle due tecniche. Le legature decorate completamente a secco, note sin dal VII secolo, non possiedono il fascino delle legature decorate in oro dei secoli più recenti: anche se il loro valore artistico è in genere modesto, esse hanno tuttavia grande importanza per la storia della legatura e, addirittura, quelle più antiche, per l’archeologia della legatura.
INC. G 11
Bartolomeo da San Concordio. Summa de casibus conscientiae. [Con:] Antonino, santo, De septem vitiis capitalibus. Venezia, Nicolò Girardengo, 12 maggio 1481. 8°.
Legatura su cartone alla quale sono stati applicati i piatti di una coperta in cuoio bruno decorato a secco. Cornice esterna caratterizzata da mazzi di quattro piccoli fregi fogliati, interna da anfore panciute. Quattro nodi su base quadrata nello specchio. Coppia di fermagli di restauro. Cucitura su quattro nervi. Tagli rustici. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura screpolato. Volume restaurato. Le anfore panciute1 e le note tipografiche inducono ad attribuire la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nel Veneto.
INC. G 12
Caracciolo, Roberto. Opera, cur. Philippus de Rotingo. Venezia, Giorgio Arrivabene, ed. Bernardino Rasina e Benedetto Fontana, 16 maggio 1496. 4° e 8°
Legatura su assi alla quale sono stati applicati i piatti di una coperta in cuoio bruno decorato a secco. Cornice caratterizzata da fregi fitomorfi entro coppie di delfini affrontati. Specchio provvisto di cinque nodi su basse quadrata. Tracce di un fermaglio. Scompartimenti del dorso muniti di due filetti incrociati. Cucitura su tre nervi. Tagli rustici. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura originale scomparso lungo il dorso. Sostanza e fiore in parte assenti ai piatti. Volume restaurato. Il decoro della cornice1 e le note tipografiche consentono di attribuire la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nel Veneto2.
Mss. Regg. C 398
Ferrarini, Michele Fabrizio. Antiquarium. [1477-1486 ca.]. Membr., cart. l’inserto iniziale aggiunto nei sec. XIX-XX; 333 x 217 mm (c. I); c. I + 8 c. + c. II + 217 c.; autogr., grafia umanistica a inchiostro bruno, didascalie e intestazioni topografiche di città a inchiostro rosso, testo delle iscrizioni in carattere maiuscolo latino e greco.
Cuoio di capra bruno su assi lignee decorato a secco. Filetti concentrici. Cornice e quarti d’angoli nello specchio caratterizzati da motivi del genere moresco costituiti da barrette coronate diritte e ricurve. Tracce di quattro cantonali in bronzo inciso muniti di frammento di medaglia raffigurante il busto di Adriano: residuano gli angolari superiore destro sul piatto anteriore e inferiore sinistro su quello posteriore. Cartella centrale tetralobata in ottone ornata con il volto frontale antropomorfo (Medusa?) entro il serto a torciglione filigranato sormontata dalla
tabula ansata provvista della scritta “DEO ET/VIRTVTI/OMNIA” sul quadrante anteriore, “ANTIQUA/RIVM” su quello posteriore. Tracce di quattro paia di fermagli costituiti da altrettanti lacerti di bindella in cuoio assicurati tramite tre chiodi a testa bombata in ottone sul piatto anteriore e da quattro contrograffe cuoriformi con finestrella di aggancio laterale e fregio fitomorfo, ancorate a quello posteriore con tre chiodi metallici. Cucitura su cinque nervi. Tagli dorati. Stato di conservazione: discreto. Marginali spellature. Apprezzabili bruniture ai piatti. L’impianto ornamentale, le ferramenta attribuite a Bartolomeo Spani, architetto, scultore e orefice reggiano nato nel 1468 la cui attività può iscriversi tra gli anni 1494 e 1538
1 e le note tipografiche assegnano la legatura alla fine del secolo XV, verosimilmente eseguita in Emilia Romagna, forse a Ferrara
2. Legatura pubblicata
3. Le ferramenta in foggia di
tabula ansata4 riguardano il decoro favorito dagli umanisti padovani: tavoletta con maniglie, usata nell’antichità come cornice per l’iscrizione sui sarcofagi. Essa compare su legature veneziane dopo il 1500, pressappoco nello stesso periodo a Napoli e a Firenze, su un piccolo gruppo in-ottavo di classici latini legati nella seconda decade del secolo XVI. Nel complesso, la morfologia di questo ornamento, quasi sempre delineato da un doppio filetto, fatte salve le dimensioni legate al formato del libro presenta modeste variazioni. Disposta verticalmente nei libri di piccolo formato, orizzontalmente nei grandi volumi, la
tabula ansata circoscrive il titolo dell’opera, o il nome dell’autore, o entrambi, composti in lettere epigrafiche
5. Questo semplice modello decorativo di ispirazione classica, riesumato nella scia della rivalutazione umanistica della decorazione e dell’architettura del mondo greco-romano, compare su legature di libri in gran parte d’origine italiana, databili prevalentemente ai primi due decenni del secolo XVI: è noto tuttavia dalla fine del Quattrocento e lo si ritrova sino alla metà del Cinquecento. Inoltre, era già stato impiegato nei fregi dei frontespizi, ora vuoto ora come cornice del titolo, del nome dell’autore o dell’editore – come nel caso della marca tipografica dei Vascosan di Parigi. Essa ebbe funzione decorativa e insieme didascalica, in quanto cornice del titolo del libro o del nome dell’autore cui aggiungere la valenza simbolica: impressa prevalentemente su testi di scrittori latini o ad essi ispirati, tanto da introdurre il lettore nell’atmosfera classica propria di questi autori. Ricompare nel XIX secolo anche in Inghilterra.
Mss. Turri F 52
Tibullo, Elegie. Sec. 15. Membr.; 218 x 135 mm; c. 41 n. num.; grafia umanistica; chiose marginali di mani ed epoche diverse.
Legatura alla quale sono stati applicati i piatti di un manufatto in cuoio di capra bruno su assi lignee decorato a secco. Cornice esterna munita di cerchielli vuoti, interna di barrette cordonate diritte e ricurve. Tracce di un fermaglio costituito dal lacerto di una bindella assicurata al piatto anteriore tramite due chiodi in ottone dalla testa a stella e dalla contrograffa lanceolata provvista di riccio di aggancio vuoto e di rosetta pentalobata su base circolare, ancorata a quello posteriore con tre chiodi pure in ottone. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura scomparso lungo il dorso. Volume restaurato. Le barrette ricurve collegate tramite barrette diritte disposte trasversalmente, costumanza rilevata anche in legature quattrocentesche prodotte a Ferrara1, l’assenza dell’impianto ornamentale di gusto centro – meridionale, congiuntamente al periodo di redazione inducono ad attribuire la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Conforme al periodo per le legature italiane, i chiodi in ottone dalla testa a stella e la contrograffa lanceolata provvista di riccio di aggancio vuoto e da rosetta pentalobata su base circolare3.
Mss. Vari B 119
Biblia sacra, contenente l’Antico Testamento sino alla fine dei libri dei Maccabei. [1465-1475 ca.] Membr.; 315 x 218 mm; 341 c. n.n.; grafia gotica, maiuscola nei tit. incipitari, a inchiostro bruno, 53 righe di testo su due col., inc. ed expl., numerazione dei cap. e dei par., notabilia e tit. corrente a inchiostro rosso.
Legatura alla quale sono stati applicati i piatti di un manufatto in cuoio di capra bruno su cartone decorato a secco. Cornice esterna caratterizzata da cordami, interna da motivi cuoriformi affrontati. Nello specchio fogliami singoli e disposti a mazzo. Tracce di un fermaglio. Dorso liscio. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura in parte scomparso ai piatti, totalmente lungo il dorso. Diffuse gore biancastre. Volume restaurato nel 1937. I cordami
1, l’assenza di caratterizzanti motivi in uso nei manufatto centromeridionali coevi, e le note manoscritte suggeriscono di attribuire la legatura all’ultimo quarto del secolo XV, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale.
Mss. Vari G 42
Cultri, Sigismondo. Medicinalia. 1527. Cart.; 158 x 116 mm; 172 c. n.n..
Banda di cuoio di capra su assi lignee (faggio) decorato a secco. Tre scompartimenti muniti di filetti incrociati, interrotti da quattro bande fogliate orizzontali, caratterizzato quello centrale da quattro fregi mamelucchi. Fermaglio di restauro. Cucitura su tre nervi. Stato di conservazione: discreto. Marginali spellature. Volume restaurato. Se i motivi fogliati
1 non evocano una bottega in particolare, i fregi mamelucchi
2 presenti in manufatti rinascimentali realizzati nel Veneto, e le note manoscritte consigliano di assegnare la legatura al secondo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale.