italia
le antiche legature di pregio . il seicento
ITALIA
8 B 456 | 8 B 524 | 8 D 78 | 8 E 33 | 8 E 94 | 8 F 64 | 8 G 138 | 13 A 492 | 13 B 532 | 13 B 541 | 13 C 265 | 13 E 609 | 13 G 524 | 13 H 792 | 13 I 873 | 13 L 84 | 15 B 397 | 15 I 298 | 16 A 224 | 16 A 384-388 | 16 A 544 | 16 C 579 | 16 E 945 | 16 E 1019 | 16 E 1043 | 17 B 380 | 17 D 198 | 17 H 540/1-2 | 17 I 476 | Corali 17 A 146 | Mss. Turri E 32 | Mss. Vari A 58 | Mss. Vari C 108
8 B 456
Cartari, Vincenzo. Le imagini con la spositione de i dei de gli antichi. Venetia, per Francesco Marcolini, ott. 1556. 4° 4, CXXII c.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice a due filetti. Motivo fitomorfo negli angoli interni dello specchio. Dorso liscio. In testa al dorso, una scritta inchiostrata. Anima dei capitelli in pergamena. Stato di conservazione: buono. L’utilizzo della pergamena e i fregi fitomorfi accantonati1 (cfr. 8 D 78) correnti2 consentono di attribuire la legatura alla prima metà del secolo XVII eseguita in Italia.
8 B 524
Reggio Emilia. Statuta magnificae communitatis Regii. Regii, Herculianus Bartholus excudebat, 1582. fol., [8], 349, [17] c.Cuoio in policromia, su cartone, decorato in lega d’oro oro e a colore, a raffigurare motivi fitomorfi, occhi di dado, quadrati concentrici, solchi. Cucitura su tre nervi. Tagli rustici, sul taglio di testa iscrizione ms. di mano antica: “Statuta Regiensia et Reformationes”. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Apprezzabili spellature del cuoio sul piatto anteriore. Cerniere indebolite. Angoli ricurvi. Il genere di decoro e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura al secolo XVII eseguita in Italia. I cuoridoro1, forma dialettale di cuoi d’oro, erano detti a Venezia sia i cuoi a fondo dorato argentato, decorati con fogliami, animali, fregi, arabeschi, quadratini e rombi, cerchielli, dipinti a vivaci colori, brillanti ricoperti da una vernice trasparente sia gli artigiani che li eseguivano. Impiegati e diffusi in Europa dal XV al XVIII secolo, prevalentemente sotto forma di pannelli destinati all’arredamento, sostituirono le stoffe che arredavano le stanze dei fastosi palazzi rinascimentali. Furono utilizzati nel rivestimento di tappeti2, sedie, poltrone, paraventi, cassoni nuziali3, astucci, custodie, piccoli oggetti ed eccezionalmente, di libri. Sotto forma di tappeti murali4, costituiti da lembi di cuoio di foggia quadrata e appesi con dei chiodi vicino al soffitto e agli angoli delle pareti, rappresentavano motivi ad arabesco e scene dai vivaci colori, talora affiancati da scene di caccia, da trofei e da armi nobiliari. A Venezia, alla fine del XVI e nel corso del XVII secolo, raggiunsero un alto grado di perfezione: le pareti della reggia di Cosimo I, le sale degli Sforza, quelle dei Piccolomini, dei Gonzaga, erano decorate con “cuoridoro” veneziani. Esempi di questa decorazione sono tuttora apprezzabili in Italia,a Venezia, al Palazzo Ducale e nella Sala dei cuoridoro di Cà Vendramin-Calergi, a Treviso nella Cappella dei Rettori del Monte di Pietà alla Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana, a Bologna, due grandi frammenti di tappezzeria al Museo Civico Medievale, a Napoli alla biblioteca della villa Pignatelli. I cuoridoro ebbero il loro maggior sviluppo nei secoli XVI e XVII a Venezia e a Napoli, altro importante centro di produzione, città in cui arrivarono dalla Spagna: qui, esisteva nel 1585 l’unico artigiano, il Maestro Pietro Paolo Maiorano artigiano in grado di uguagliare i manufatti spagnoli. Anche a Lucca, sin dalla prima metà del secolo XV, era attiva una fiorente scuola di “cuoridor” sotto la signoria di Paolo Guinigi. Giuseppe Fumagalli5 ricorda che anche a Ferrara i cuoridoro fiorirono a lungo, fin nel tardo Cinquecento. All’estero i cuoridoro sono largamente rappresentati in Anversa al Musée Plantin6 come rivestimento della camera di Juste Lipse, raro esempio di un intero locale decorato in cuoio dorato, proveniente dalla Spagna, che ornava nel 1658 una grande stanza dei tipografi Plantin. Nei Paesi Bassi i cuoridoro venivano eseguiti in cuoio di Cordova, importato dalla Spagna a partire dal XVI secolo fino a gran parte del XVII secolo, prevalentemente in botteghe meridionali del paese, soprattutto a Malines, sin dal 1511. Di artigiani cuoridoro nel XVI secolo in Francia, riferisce Roger Devauchelle7 a proposito dei doratori: i doratori (di libri)) si occupavano pure della decorazione dei pannelli di cuoio per la tappezzeria d’arredamento: i fondi erano argentati o dorati ravvivati con il pennello da disegni a colori vivaci. Tutti questi lavori, di fattura raffinata esigevano dai loro esecutori un vero talento: quando occorreva eseguire un lavoro di qualità, i legatori di libri facevano ricorso a questi doratori che in quei tempi esercitavano un’arte molto complessa: alcuni di questi, pensando alla possibilità di avvenire della doratura delle legature, si specializzarono in questo settore e senza esserne membri, lavorarono in stretta collaborazione con la Communauté du Livre. Questo procedimento di fabbricazione, secondo Léon Gruel8, nous vient de l’Italie qui le tenait elle même de l’Orient. La tecnica del cuoio dorato (denominata in Francia cuir basané) sembra sia stata importata a Venezia da mercanti e artigiani provenienti dalla Persia: secondo ricerche più recenti, sarebbe pervenuta in Italia dalla Spagna, dove era già nota nel medioevo, da artigiani arabi cacciati dalla penisola iberica nel periodo della Riconquista (XI – XV secolo). A Venezia, i cuoridoro, fabbricanti di cuoio dorato per tappezzeria, furono ammessi a far parte della partizione dei pittori, il 26 Dicembre del 1569 con privilegio di eleggere un loro rappresentante fra i membri della Corporazione. Pur utilizzando il cuoio come materiale fondamentale gli appartenenti alla Scuola dei cuoridoro non si collegavano agli altri artigiani delle pelli, ma si consideravano una partizione dell’arte dei pittori. Per appartenervi, i cuoridoro dovevano sottostare ad una prova: lavorare e indorare a disegno quattro pelli di montone. Di questi artigiani è rimasto in città il ricordo nel ponte del barcarolo o del cuoridoro e nella calle del cuoridoro presso S. Fantin, dove probabilmente erano concentrate alcune loro botteghe. La sede dell’arte era in Strada Nuova, vicino alla chiesa di Santa Sofia. Nel XVI secolo, periodo di grande splendore, il traffico dei cuoridoro rendeva a Venezia circa 100.000 ducati e oltre 70 erano le botteghe di questa industria: l’arte era ancora vitale alla fine del Settecento, anche se le botteghe erano ridotte a 7 con 50 artigiani. Per la loro realizzazione venivano utilizzati i marocchini, pelli di capra conciata con sommacco, piccolo albero con corteccia ricca di tannino, e specie a Venezia, i cordovani, pelli di capra conciata con la scorza di quercia: questi ultimi avevano il vantaggio di essere più economici e di ben adattarsi alla doratura. La tecnica antica di fabbricazione dei cuoi dorati da tappezzeria, almeno in una sua varietà, è stata così descritta da Tommaso Garzoni9 nel 1585: “Si procede prima alla esecuzione del fondo spalmando la superficie della pelle con colla di farina diluita e ciò per chiuderne i pori, quindi cospargendovi sopra uno strato abbondante di albume d’uovo. Asciutto il mordente, con un pennello si passa poi sul cuoio uno strato di vernice a alcool e si posa subito l’oro o l’argento in foglio. Si lascia essiccare qualche ora e si ripassa con un nuovo strato di vernice e ciò per rendere la doratura solida, impermeabile e di tono opaco. Il fondo così è pronto per la decorazione: su di esso si decalca il disegno, lo si contorna a penna con inchiostro di China badando di non scalfire l’oro. Si dipinge l’ornato entro i limiti del contorno usando colori a placca, di tinte vivaci, ma molto leggermente in modo da lasciar trasparire l’oro sottostante come sotto velatura. Quando il lavoro di colorazione è terminato non resta che cesellare il fondo con bulini. Da ultimo si passa ancora una mano di vernice per conferire alla decorazione un aspetto brillante”. Il cuoio è un materiale che deperisce: di cuoi d’oro dei secoli XV e XVI non pervenuti a noi che pochi esemplari, solitamente conservati nei pubblici musei. Frammenti o resti provenienti da pannelli di arredamento murale sono stati impiegati nella legatura di libri sotto forma di coperte con decorazione continua, estese senza interruzione dal piatto anteriore a quello posteriore. Presentano la caratteristica decorazione con elementi figurativi a vivaci colori di fiori, foglie, animali, su fondi dorato. Ne riferisce Léon Gruel10: toutes les reliures de ce genre que j’ai vu jusque ici étaient recouvertes avec un débris pris dans une tenture quelconque. Un esemplare di questo tipo si manifesta a Londra in un catalogo d’asta di Sotheby11: lo stesso ricompare a Parigi con maggiori particolari presso il libraio parigino Pierre Berès12: ricopre un Epitoma in almagestum Ptolomaei di Johannes Regiomontanus, Venezia, Caspar Grossch e Stephan Romer, 1496, in folio. È l’editio princeps del trattato di astronomia di Tolomeo: una delle più importanti produzioni della xilografia veneziana del tempo. Legatura ritenuta da Berès manifestement exceptionnelle, verosimilmente di origine veneziana, del XVII secolo, su assi ricoperte di cuoio dorato, decorato con fiori, fogliami e uccelli, dipinti con vivaci colori in rosso e verde, oro e argento. In entrambi i cataloghi, viene confermata senza peraltro fornire alcuna precisazione, la presenza di un secondo, analogo esemplare alla Bodleian Library di Oxford, ritenuto exceedingly uncommon. Un terzo volume è comparso a Londra in una pubblicazione di Sotheby13: si tratta di una legatura vuota su assi, caratterizzata da una decorazione analoga a quella sopra segnalata dall’antiquario Pierre Berès, verosimilmente proveniente dalla medesima bottega: ha le dimensioni di un in-folio (316 x 215 mm). Una quarta legatura, reperita nel corso di questa ricerca è custodita alla British Library.di Londra, segnata c.36.b.1414, ricopre una Tabula omnium officiorum: orationum in presenti oratorio contentorum, etc. [fol. 152 verso:] Hore intemerate dei, Parigi, 1515. Copertura in cuoio con fogliami, associati a una serie di cerchielli e rombi concentrici, dipinti a colori, rivestiti da una vernice trasparente che rende brillante la decorazione sottostante.. Una quinta legatura15 custodita nella Biblioteca civica A. Mai di Bergamo, ricopre un Antiphonarium secundum morem Sancte Romane Ecclesie, Augusta Taurinorum per Paulum Porrum chalcographum, 1520, Cinq. 5 591. La copertura in cuoio su cartone riveste senza interruzione, entrambi i piatti e il dorso: presenta su un fondo dorato, fiori, fogliami, colorati in rosso brillante, collane di cerchielli, solchi, e bande triangolari puntinate in oro. L’intero decoro è reso brillante da una vernice trasparente. Si tratta di una coperta costituita da un unico lembo di cuoio decorato con le caratteristiche di un frammento di cuoridoro, verosimilmente di origine veneziana. Esaurisce la serie il sesto manufatto16, pubblicato17, custodito nella Biblioteca Statale di Cremona, caratterizzato dal piccolo formato (147x78x40 mm). Con riguardo alla legatura di questa Biblioteca, essa si affianca a quelle segnalate per la presenza di solchi lisci18, occhi di dado semplici19 e perlati20, quadrati concentrici21 lungo l’intera coperta Il riutilizzo si manifesta appieno lungo il bordo dei contropiatti, porzione in cui prosegue il decoro del materiale di copertura. Il testo del volume bergamasco stampato nel primo Cinquecento e quello cremonese nel tardo Seicento confermano in genere la natura di riutilizzo dei cuoridoro. La memoria di questo genere non oggi è del tutto scomparsa, come testimoniano alcune aziende tessili venete che lo hanno ripreso tra i motivi della loro produzione22.
• note di dettaglio 8 D 78
Prosper Aquitanus, santo. De contemplativa, humanaque vita. Bononiae, ex cussum in aedibus Io. Baptistae Phaelli, cal. Ian. 1534. 4°, [28] c.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice caratterizzata da due filetti entro margini a dente di topo. Un fiorone negli angoli interni dello specchio ripetuto nella cartella centrale, ivi affiancato da cinque cerchielli pieni e da quattro corolle stilizzate. Tracce di due lacci. Dorso liscio. Anima dei capitelli in pelle allumata arrotolata passante. Stato di conservazione discreto. Marginale scomparsa del materiale di copertura in testa al piatto posteriore munito di gore bianche. L’utilizzo della pergamena, i fioroni accantonati1 (cfr. 8 B 456) e i motivi a dente di topo2 consentono di attribuire la legatura alla prima metà del secolo XVII eseguita in Italia. Considerato l’ampio arco temporale tra l’anno di stampa e il periodo di realizzazione del manufatto, non è da escludere si tratti di una seconda legatura.
8 E 33
Parisetti, Ludovico, il giovane.De immortalitate animae. Regii, per Antonium Viottum, nov. 1541. Reggio Emilia, Viotti, Antonio, 1541, 4°, [70] c.Pergamena semifloscia decorata in oro. Stemma con scudo crociato sul piatto anteriore, fregio stilizzato al centro sormontato da una rosetta esalobata su quello posteriore. Dorso liscio. Anima dei capitelli in pelle allumata arrotolata passante. Stato di conservazione: mediocre. Recupero di un lembo membranaceo. L’adozione della pergamena, qui di riutilizzo, con l’antico stemma di Reggio Emilia e il genere di rosetta1 consentono di attribuire la legatura al secolo XVII verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Indizi utili per l’identificazione di un riutilizzo sono: • un’unghiatura eccessiva; • l’imperfetto legame della coperta con il corpo del volume, sicché l’una non aderisce perfettamente all’altro; • la decorazione anacronistica rispetto alla data di stampa del libro: ad esempio un titolo sul dorso di un libro stampato nella prima metà del XVI secolo; • un’etichetta in cuoio sul dorso di un libro edito prima della fine del XVII secolo (i due ultimi elementi potrebbero tuttavia essere stati aggiunti in un secondo tempo su una coperta originale). Non sono di per sé probanti per riconoscere un remboîtage, ma possono comunque indicare un intervento di rilegatura o restauro i seguenti elementi: • la presenza, sul fondo delle carte o dei fascicoli, di uno o più fori non strettamente necessari per il passaggio dello spago della cucitura; • i nervi originali tagliati (non rotti per usura) all’altezza della fenditura di ingresso nell’asse; • il rifacimento del capitello. Il rilievo di caratteri perfettamente allineati nelle legature con supra libros suggerisce l’impiego del compositoio, strumento in uso solo dai primi anni del XIX secolo, e quindi potrebbe significare che la coperta è stata eseguita dopo quel periodo. L’impressione a mano con lettere a punzone mostra sempre caratteri non allineati, talvolta traballanti. con titoli spesso errati. Raro è il remboîtage di libri antichi di formato oblungo o di libri molto piccoli perché non è facile reperire testi a stampa con queste caratteristiche. È stato pure segnalato il riutilizzo, anche se raramente, in genere su volumi di formato più piccolo rispetto all’originale, di coperte ricollocate in senso orizzontale anziché verticale, riconoscibile per l’anomala disposizione della decorazione. Poiché attribuisce arbitrariamente a un libro la legatura pensata per un altro, il riutilizzo è considerato dai collezionisti attenti come una pecca, che toglie pregio al volume.
8 E 94
Toschi, Domenico. Theologicarum quaestionum, ac tractationum omnium hucusquè elaboratarum, ac in lucem editarum series eo disposita ordine, quo singulae seorsum typis fuerunt traditae, in vnum tantum sic translatae volumen ad promptiorem rerum in ijs contentarum occursum, commodiorem legentium vsum, … Bononiae, ex typographia haeredis Victorij Benatij, 1665. 4º, 9 v.Pergamena semifloscia con accenno di falda decorata in oro. Cornice caratterizzata da due filetti. Un garofano negli angoli interni dello specchio, ripetuto nella cartella addossato nella cartella centrale. Tracce di due lacci. Cucitura su tre nervi. Anima dei capitelli in pelle allumata passante. Tagli spruzzati in rosso. Stato di conservazione: discreto. I garofani1, fregio presente in legature venete2 sin dal secolo precedente, e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura al terzo quarto del secolo XVII verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Secondo le aspettative per le legature in pergamena coeve, i capitelli passanti3. Per un’analoga legatura cfr. 8 G 138.
8 F 64
Vezzani, Giacomo. Carmina insignium quorumdam natalibus, et eruditione poetarum regiensium Iacobi Vectiani opera. In gratiam studiosae iuuentutis collecta. Genuae, apud Iosephum Pauonem, 1639. 12º, [24], 191, [1] p.Legatura in cuoio marrone su cartone alla quale sono stati applicati i piatti di una legatura in cuoio bruno decorato in oro. Cornice caratterizzata da due filetti muniti di archetti. Un garofano affiancato da lancette a quarto di cerchio ripetute sotto forma di rosone centrale entro un serto di motivi fitomorfi negli angoli interni dello specchio. Dorso liscio. Tagli colorati in rosso. Stato di conservazione: discreto. Cuoio in parte scomparso lungo il dorso. Volume restaurato. Il decoro a ventaglio e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura al secondo quarto del secolo XVII eseguita in Italia. Il modulo ornamentale corrente non consente di identificarne fondatamente l’artefice. A lungo si è creduto che il modello di decorazione a ventaglio fosse stato creato da legatori francesi seguendo la moda, portoghese prima, spagnola poi, dei ventagli: si dimostrò invece che in Spagna si eseguivano legature a ventaglio sin dai primi anni del Seicento e, con tutta probabilità, già dalla fine del Cinquecento. La decorazione a ventaglio cominciò a diffondersi in Francia e ancor più in Italia nella prima metà del XVII secolo; perdurò fino ai primi decenni di quello successivo. Ispirata ai merletti che, di gran moda all’epoca, furono oggetto di manuali illustrati sia in Italia sia in Francia, questa decorazione è caratterizzata da un ferro a forma di petalo stretto e lungo: questo piccolo ferro noto sotto il nome di lancetta, contiene al suo interno una fine decorazione di arabeschi, di motivi fitomorfi o geometrici, talvolta filigranati. Termina a punta, con un motivo geometrico o a fiamma ed è sovente sormontato da un semicerchio puntinato. Negli esemplari più antichi, le lancette non possiedono alcuna ornamentazione al loro interno. Accostate e disposte in serie lungo un quarto di cerchio, formano l’immagine di un ventaglio aperto; situate lungo i 360° di un cerchio a pieno giro, o attorno a un ovale, danno invece luogo all’immagine di un rosone. Entrambe queste composizioni sono impresse sia con piccoli ferri isolati sia con placche, spesso arricchite verso i margini da una serie continua di stelle, fiamme o motivi floreali, oppure da una fascia di arabeschi o di motivi stilizzati. I ventagli, generalmente inseriti nel contesto di esuberanti composizioni decorative, sono collocati agli angoli interni delle cornici mentre i rosoni occupano in genere il centro dei piatti, soli o associati ai ventagli angolari. Rosoni isolati, spesso circondati da piccoli fregi, rosette, stelle o altri ferri, occupano talvolta, tutto lo specchio con placche di grandi proporzioni. Nella seconda metà del Seicento questi modelli decorativi, il ventaglio e il rosone, furono molto in uso a Bologna e a Padova, città universitarie, nella decorazione dei diplomi di laurea.
8 G 138
Toschi, Domenico. Theologicarum quaestionum, ac tractationum omnium hucusquè elaboratarum, ac in lucem editarum series eo disposita ordine, quo singulae seorsum typis fuerunt traditae, in vnum tantum sic translatae volumen ad promptiorem rerum in ijs contentarum occursum, commodiorem legentium vsum, … Bononiae, ex typographia haeredis Victorij Benatij, 1665. 4º, 9 v.Pergamena semifloscia con accenno di falda decorata in oro. Cornice caratterizzata da due filetti. Un garofano negli angoli interni dello specchio, ripetuto nella cartella addossato nella cartella centrale. Tracce di due lacci. Cucitura su tre nervi. Anima dei capitelli in pelle allumata passante. Tagli spruzzati di marrone. Stato di conservazione: discreto. I garofani1, fregio presente in legature venete2 sin dal secolo precedente, e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura al terzo quarto del secolo XVII verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Secondo le aspettative per le legature in pergamena coeve, i capitelli passanti3. Per un’analoga legatura cfr. 8 E 94.
13 A 492
Testi, Fulvio. Ristretto delle ragioni che la serenissima Casa d’Este ha colla Camera appostolica, compilato con occasione di replicare alla risposta di Roma. [S. n. t.; sec. 17.]. fol., 144 p.Cuoio marrone su cartone decorato in oro. Coppia di cornici a due filetti. Un fiorone negli angoli dello specchio. Aquila bicipite ad ali patenti centrale. Dorso liscio. Tagli dorati. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura in fase di distacco lungo il dorso. Angoli ricurvi e sbrecciati. Gli inediti fioroni1, l’aquila bicipite2 e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura al secolo XVII eseguita in Italia.
13 B 532
Ghisi, Andrea. Laberinto dato nouamente in luce dal clarissimo signor Andrea Ghisi nobile veneto, nel quale si vede 1260 figure, quali sono tutte pronte al seruitio con la sua obedienza, & corrispondenza, che parlano l’vna all’altra; et con la terza volta infallibilmente, si saprà la figura imaginata, con il secreto di esso, da esser donato … Con vna tauola di veder con vna lettera di vn Z, che le narra, & parla à 500. mille & più modi, come in quella, che nel principio del libro è scolpita. Venetia, per Euangelista Deuchino, 1616. fol., [3] c., [22] c. di tav., ill.Cuoio di capra rosso su cartone decorato in oro e a colori. Cornici munite di gigli stilizzati (pure presenti lungo il margine del campo) e di volute fiorite. Fregi fitomorfi, corolle stilizzate e girali negli angoli dello specchio, motivi ripetuti lungo la cartella centrale dalle armi dipinte, affiancati da teste di cherubino alate e da vasi fogliati. Dorso liscio. Tagli dorati. Stato di conservazione: discreto. Cerniere indebolite. Bruniture ai piatti. Angoli ricurvi. Il decoro della cornice interna1 e le note tipografiche autorizzano ad assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nel Veneto2.
13 B 541
Cognolato, Gaetano. Saggio di memorie della terra di Monselice di sue sette chiese del santuario in esse aperto ultimamente, Padova, nella stamperia del Seminario, 1794. 4º, XX, 125, [3] p.Pergamena decorata in oro. Cornice costituita da una coppia di filetti. Vaso fiorito entro una coppia di fogliami. Dorso liscio. Anima dei capitelli in pergamena o in pelle allumata passante. Tagli dorati. Stato di conservazione: discreto. Bruniture ai piatti. Il materiale di copertura, l’impianto ornamentale e gli inediti fregi1 consigliano di attribuire la legatura al secolo XVII, eseguita in Italia: il testo tardo settecentesco sembra pertanto costituire un remboîtage2.
13 C 265
Chiesa cattolica. Martyrologium Romanum / Gregorii XIII. pont. max. iussu editum et Urbani VIII. auctoritate recognitum ; accesserunt notationes atque tractatio De Martyrologioromano auctore Caesare Baronio Sorano …; postrema vero haec editio post eius obitum, nonnulla exhibet, quae addenda, vel mutanda Auctor ipse notauerat ; nouissimae additae sunt notulae marginales per alium dictae Congregationis Presbyterum loca Annalium eiusdem Baronij, ubi de sanctis sit mentio, vel mentio, vel tempora, quibus floruerunt, aut passi sunt, ex varijs auctoribus indicantes, Roma, typis Vaticanis, 1630. fol., [32], 640, [56] p., inc.13 E 609
Castañiza, Juan de. Historia della vita di S. Romualdo padre, e fondatore dell’Ordine camaldolese composta dal già r.p.d. Giouanni da Castagnizza . Edizione di nuouo ristampata dalli pp. eremiti di Camaldoli, Firenze, all’insegna della stella, 1671. 4º, [20], 392 p.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice costituita da due filetti. Fregio fitomorfo negli angoli esterni e interni. Cartella centrale costituita da un santo a piena figura con il bastone pastorale entro l’ovale a due filetti, affiancato da fregi fitomorfi filigranati e da grottesche. Tracce di due coppie di lacci in tessuto blu cupo. Dorso liscio. Anima dei capitelli in pelle allumata passante. Tagli dorati. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Parte del materiale di copertura scomparso e bruniture al quadrante posteriore. Gli inediti fregi e la probabile diffusione locale del testo, stante l’argomento, suggeriscono di assegnare la legatura all’ultimo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita in Toscana.
13 G 524
Chiesa cattolica. Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilij Tridentini restitutum, Pii 5. Pont. Max. iussu editum, et Clementis 8. primum, nunc denuo Vrbani Papae 8. auctoritate recognitum. In quo omnia extensa sunt; additis etiam Sanctorum Missis nouiter vsque adhuc concessis, Venetiis, apud Nicolaum Pezzanam, 1676 (Venetiis, apud Nicolaum Pezzana). 4°, [56], 616, cxxvii, [1] p., ill.Zigrino testa di moro su assi lignee smussate nelle porzioni mediane dei piatti decorato a secco. Filetti concentrici. Corolla stilizzata entro una coppia di motivi a culla negli angoli dello specchio Fregi fitomorfi lungo il margine interno dell’ampio ovale. Tracce di due fermagli costituiti da una coppia di lacerti di bindella in cuoio fissati al piatto anteriore con un chiodo metallico a testa piatta e da una coppia di tenoni in ottone inseriti nel labbro di gola di quello posteriore pure con un chiodo metallico. Cucitura su cinque nervi. Stato di conservazione. mediocre – discreto. Spellature ai piatti. Cerniere indebolite. Il genere di manufatto e le note tipografiche assegnano la legatura all’ultimo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nel Veneto. Essa è verosimilmente opera di un artigiano che risente di un forte influsso greco – orientale. Caratteristica per questa tipologia, l’adozione dello zigrino1 e dei supporti smussati nelle porzioni mediane dei piatti. La Biblioteca pubblica arcivescovile A. de Leo di Bari2, la nazionale Braidense di Milano3, le civiche Trivulziana4 di Milano, Monza5, Palatina di Parma6, Passerini Landi di Piacenza7 tra l’altro, possiedono esemplari di questo genere.
13 H 792
Rituale Romanum Pauli V Pont. Max iussu editum…. Venetijs. Ex Off. Jo. Petri Bigonii, 1676. 8°, 304 p.13 I 873
Gavanti, Bartolomeo. Octauarium Romanum, siue Octauae festorum, lectiones secundi scilicet, & tertij nocturni singulis diebus recitandae infra octauas sanctorum titularium, vel tutelarium ecclesiarum, aut patronorum locorum … [Bartholomaeus Gauantus], Venetiis, sumptibus Pauli Balleonij, 1679. 8°, 7, [9], 256 p.Cuoio nero su cartone decorato a secco e in oro. Fasci concentrici di tre filetti collegati negli angoli. Corolla fiorita negli angoli interni dello specchio. Cartella centrale costituita sul piatto anteriore dalla scritta “S/ANGE/LA” (“MAR/GHERI/TA” su quello posteriore) entro un ovale formato da una coppia di filetti affiancati da corolle fiorite entro coppie di volute fogliate; croce biforcata alle estremità. Tracce di due fermagli costituiti dai lacerti di due bindelle assicurate al piatto anteriore con un chiodo metallico a testa piatta e da altrettanti tenoni metallici a riccio vuoto pure assicurati al quadrante posteriore con un chiodo metallico. Cucitura su quattro nervi. Tagli dorati e incisi. Stato di conservazione: discreto. Marginali spellature. Cerniere indebolite. Angoli ricurvi. I fregi non riconducibili ad una bottega in particolare e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura all’ultimo quarto del secolo XVII eseguita in Italia. Cartella provvista dell’insegna araldica dell’Ordine di Malta1.
13 L 84
Scorzia, Francesco. Ragguaglio della santa vita del patriarca S. Ignatio Loiola. Fondatore della Compagnia di Giesù, e suo primo generale, Bologna, per l’herede del Benacci, s. a. 18° 187, [5] p. [Probabilmente pubblicato dopo il 1632 data di elezione all’arcivescovato di Bologna del card. Girolamo Colonna, cfr. Imprimatur in fine all’opera].Reticolo costituito da spago annodato collegato a gruppi di archetti metallici accorpati su cartone. Dorso liscio. Tagli dorati. Stato di conservazione: buono. Le note tipografiche sembrano assegnare la legatura al secolo XVII, verosimilmente eseguita in Italia. Volume di estrema originalità e rarità: allo scrivente non sono noti altri esempi del genere.
15 B 397
Nanni Mirabello, Domenico. Polyanthea. Quibus accessere Francisci Tortij sententiae. Coloniae, apud Mathernum Cholinum, 1585. fol., [16], 1039, [1] p.Cuoio di capra rosso cupo su cartone decorato a secco e in oro. Coppia di fasci a tre filetti concentrici. Aquila ad ali patenti negli angoli esterni della cornice interna che delimita lo stemma inquartato di Alessandro I Pico: nel primo e nel quarto campo, d’oro all’aquila di nero (Mirandola); al secondo ed al terzo, fasciato di rosso e d’argento al leone d’oro rampante (Concordia), e con la fascia di rosso attraversante sulla partizione; sul tutto, uno scudetto scaccato d’argento e d’azzurro (Pico). Lungo il margine dello scudo, la scritta “ALEXANDER PICVS”. Leone rampante al centro degli scompartimenti del dorso Tracce di quattro coppie di lacci. Capitelli in fili ècrus su anima circolare. Cucitura su cinque nervi. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura parzialmente scomparso lungo il dorso, in fase di distacco in testa. Diffuse spellature ai piatti. Cerniere particolarmente indebolite. Angoli ricurvi e sbrecciati. Primo dei due esemplari custoditi in questa Biblioteca (cfr. 16 A 544) provvisti delle armi di Alessandro Pico I (1567 – 1637)1 impresse a placca2, come testimoniano la precisione iconografica e la depressione dell’impronta rispetto al cuoio circostante. Considerato il costo non indifferente della piastra, questa deve essere stata realizzata per un apprezzabile numero di esemplari probabilmente prodotti da un opificio locale. La bibliografia registra due soli altri volumi3 provvisti di armi a placca: è verosimile tuttavia, la presenza di altri manufatti in biblioteche o collezioni private emiliane ancora da indagare. Il cuoio scomparso all’estremità del dorso inferiore pone in evidenza il supporto del capitello.
15 I 298
Rainssant, Pierre. . Tradotto in italiano da N. N. In Brescia, per Gio. Maria Rizzardi, 1687. 8º, [2], 107, [5] p., [1] c. di tav. ripieg., ill.Discorso sopra dodeci medaglie de’ giochi secolari dell’imperator Domiziano Pergamena decorata in oro. Cornice costituita da un filetto continuo. Fregio fitomorfo negli angoli interni dello specchio. Dorso liscio. Stato di conservazione: discreto. Marginali bruniture. La probabile limitata diffusione della pubblicazione e le note tipografiche propongono di attribuire la legatura all’ultimo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Esecuzione dozzinale.
16 A 224
Cavalieri di Malta. Statuta hospitalis Hierusalem. [Roma], s.t., [1586?]. fol., [46], 208, [16] p. ill.16 A 384-388
16 A 384: Braun, Georg. Civitates orbis terrarum libri sex. Coloniae Agrippinae, apud Bertramum Bochholtz, sumptibus auctorum, 1599. fol., 6 v., tav. Presente solo il 1° v.; 16 A 385: Braun, Georg. De praecipuis totius universi urbibus, liber secundus. Coloniae Agrippinae, excudebat Bertramus Bochholtz, 1597. fol., [10] c., 38 tav., [6] c.; 16 A 386: Braun, Georg. Urbium praecipuarum totius mundi liber tertius. Coloniae Agrippinae, typis Bertrami Buchholtz, 1599. fol., [10] c., 44 tav., [8] c.; 16 A 387: Braun, Georg. Liber quartus urbium praecipuarum totius mundi. Coloniae, typis Bertrami Buchholtz, 1594. fol., [4] c., 35 tav., [8] c.; 16 A 388: Braun, Georg. Urbium praecipuarum mundi theatrum quintum. [Koeln], s.t., [circa 1597]. fol., [10] c., 13 tav., [2] c., 29 tav., [6] c.Pergamena semifloscia decorata in oro. Fregio fitomorfo negli angoli esterni della cornice costituita da due coppie di filetti collegati negli angoli., ripetuti in quelle successive. Tre garofani negli angoli interni dello specchio, ripetuti in coppia addossati nella cartella ovale centrale composta da due filetti muniti di tratteggio interno, affiancata da archetti sormontati da corolle stilizzate. Dorso liscio. Anima dei capitelli in pergamena o pelle allumata passante. Tagli dorati. Stato di conservazione: discreto. Angoli ricurvi. Le candelabre1, gli archetti sormontati da corolle stilizzate2 propongono di assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nel Veneto.
16 A 544
Johannes Philoponus. In Aristotelis physicorum libros quatuor explanatio. Io. Baptista Rasario interprete. Venetiis, apud Vincentium Valgrisium, 1569. fol., [6] c., 472 col.; Johannes Philoponus. In tres libros de anima Aristotelis breves annotationes, ex dissertationibus Ammonij Hermei. Venetiis, apud haeredem Hieronymi Scoti, 1581. fol., 180 p.; Johannes Philoponus. In Aristotelis libros de generatione, & corruptione explicatio: Andrea Sylvio interprete. Venetiis, apud Vincentium Valgrisium, 1564. fol., [4], 90, [2] p.Cuoio di capra rosso cupo su cartone decorato a secco e in oro. Cornice costituita da un fascio di tre filetti concentrici. Aquila ad ali patenti negli angoli esterni della cornice. Angolare di foggia orientaleggiante. Stemma centrale inquartato di Alessandro I Pico: nel primo e nel quarto campo, d’oro all’aquila di nero (Mirandola); al secondo ed al terzo, fasciato di rosso e d’argento al leone d’oro rampante (Concordia), e con la fascia di rosso attraversante sulla partizione; sul tutto, uno scudetto scaccato d’argento e d’azzurro (Pico). Lungo il margine dello scudo, la scritta “ALEXANDER PICVS”. Tracce di quattro coppie di lacci. Cucitura su cinque nervi. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura parzialmente scomparso lungo il dorso, in fase di distacco in testa. Cerniere particolarmente indebolite. Angoli parzialmente sbrecciati. Per il commento cfr. 15 B 397. Le armi di Alessandro Pico I (1567 – 1637), Principe di Mirandola il 7.9.1602, Marchese di Concordia il 7.11.1602 e Duca della Mirandola il 6.3.1617, consentono di attribuire la legatura alla prima metà del secolo XVII (non oltre il 1637), verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale. Esemplare mirandoliano stemmato munito di angolari1, assenti nell’altro esemplare posseduto da questa Biblioteca.
16 C 579
Manfredi, Fulgenzio. Il ritratto della città di Venetia e l’effigie di tutti li dogi. [Venezia], s.t., [1598]. 4°, [17] c., ill. (Esemp. mutilo).Cuoio bruno su cartone decorato a secco e in oro. Cornice costituita da archetti incrociati sormontati da un fregio fogliato stilizzato. Uccello negli angoli interni dello specchio. Dorso liscio. Stato di conservazione: mediocre. Parziale scomparsa del materiale di copertura. Dorso rifatto. Angoli ricurvi. Il genere di cornice1, non particolarmente diffusa pure riscontrata in alcune legature seicentesche riferibili alla probabile origine italiana centrale2, e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita in quell’area
16 E 945
Aquino, Giovanni Paolo d’. Disciplina del cauallo con l’vso del piliere, dialoghi di fra’ Gio. Paolo d’Aquino … tra il sig. conte Giovanni Rondinelli … e l’autore. Diuisi in sei giornate. In Udine, appresso Nicolò Schiratti, 1636. 4°, [12], 207 [1] p., ill., 2 tav. ripieg.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice costituita da due filetti. Ampio fregio fitomorfo dalla corolla svasata negli angoli dello specchio, ripetuti in quattro esemplari, affiancati da fogliami e da perle degradanti lungo l’ovale centrale muto. Dorso liscio. Capitelli dall’anima passante in pelle allumata o in pergamena. Tagli dorati. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Materiale di copertura parzialmente scomparso ai piatti. Gli inediti motivi fitomorfi1, il volume dalla probabile limitata diffusione e le note tipografiche consentono di attribuire la legatura al secondo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale orientale.
16 E 1019
Capivacceus, Hieronymus, Chamaeleon sive homo sapiens. Disputatio in tres gradus distribuita. Patavji, Apud Gasparem Crivellarium, 1615. 4°, 108, [4] p.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice costituita da due filetti. Corona a tre punte negli angoli interni dello specchio. Tracce di due lacci in tessuto verde. Dorso liscio. Capitelli dall’anima passante in pelle allumata o in pergamena. Tagli dorati. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura parzialmente scomparso ai piatti. Cerniere indebolite. La placca1, del genere osservato anche in legature tardo cinquecentesche di probabile origine romana2, l’argomento dalla probabile limitata diffusione, e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale.
16 E 1043
Vedriani, Lodovico. Breve racconto dell’arma stilata dalla nobilissima famiglia de Cortesi da Modona, con memoria di molti huomini singolari della medema casa. In Bologna, per Gioseffo Longhi, 1671. 4°, 46, [2] p., [1] c. di tav.Pergamena semifloscia decorata in oro. Coppia di cornici concentriche, costituite da due filetti. Garofano in punta d’angolo nel riquadro interno, ripetuto in quattro esemplari addossati sotto forma di cartella centrale. Tracce di due coppie di lacci in tessuto rosso slavato. Dorso liscio munito degli estremi inchiostrati longitudinali dell’opera. Tagli spruzzati di rosso e di nero. Stato di conservazione: discreto. Accenni di avvallamento del materiale di copertura. Marginali bruniture. I garofani1 e le note tipografiche suggeriscono di ritenere la legatura propria della seconda metà del secolo XVII, verosimilmente eseguita nell’Italia settentrionale (cfr. 8 E 94, 8 G 138).
17 B 380
Photius. Bibliotheca. Siue Lectorum à Photio librorum recensio, censura atque excerpta, philologorum, oratorum, historicorum, philosophorum, medicorum, theologorum, è Græco Latinè reddita, scholiisque illustrata, operâ Andreae Schotti Antuerpiani. Augustae Vindelicorum, ad insigne pinus, 1606 (Augustæ Vindel., exeudebat [!] Christophor. Mangus, 1606). fol., [28], 344 p., c. 345-348, p. 349-555, [36].Cuoio di capra rosso su cartone, decorato in oro. Cornice caratterizzata da volute fogliate. Motivo fitomorfo agli angoli interni dello specchio Armi riferibili a don Ramiro Guzman, duca di Medina de las Torres, viceré di Napoli dal 1637 al 1644. Cucitura su quattro nervi. Tagli dorati. Stato di conservazione: mediocre. Ampie bruniture e gore biancastre ai piatti. Angoli dei piatti ricurvi. Cerniere indebolite. Legatura eseguita per don Felipe Guzmàn de las Torres, duca di Medina, dal 1637 al 1645 viceré di Napoli. Sposò in seconde nozze Anna Carafa di Stigliano. Queste legature in cuoio di capra rosso cupo caratterizzate ai piatti da una semplice cornice1, talvolta a delimitare motivi angolari2, sono caratterizzate da ampie, peculiari insegne araldiche3 impresse a bilanciere, come testimonia la profonda impressione, che recano sul piatto anteriore gli acronimi “a.c.g.d.d.m.m.a.h.p.p.m.i.g.p.c.l.” (Addidit, Comitatui, Grandatum, Ducatum, Ducatum, Marchionatum, Marchionatum, Arcis, Hispanoliensis, Perpetuam, Praefecturam, Magnam Indiarum, Guzmanorum, Primam, Chancellariatum, Lineam): su quello posteriore spicca la divisa “RevolVta foecundant” sormontata dalla scritta “F E I”. Alcuni studiosi, riferisce Francesco. Malaguzzi4, ipotizzano che le medine eseguite su libri stampati successivamente al 1645, dopo il ritorno del Viceré in Spagna, siano manufatti spagnoli, altri per spiegare la massiccia presenza di medine a Napoli, ne ipotizzano l’esecuzione in questa città prima del 1645. Altri ancora ritengono spagnole o napoletane le legature che si trovano o si trovavano rispettivamente in Spagna od a Napoli. La Biblioteca di Felipe Medina e di Anna Carafa subì una prima divisione nel 1644: una parte fu trasferita con il duca a Madrid e probabilmente la maggior parte rimase a Napoli ad Anna Carafa che morì nello stesso anno. Le medine napoletane, dopo alterne vicende, finirono in buona parte in due sole biblioteche di Napoli: la Nazionale5 e la Oratoriana, detta dei Girolamini. Atri esemplari sono custoditi nelle biblioteche Arcivescovile Annibale De Leo6 (Brindisi), statale di Cremona7, antica dell’Archivio di Stato8 (Torino), nazionale Braidense di Milano9; nazionale di Napoli10; anche istituzioni straniere quali la British Library11 di Londra, la Biblioteca Nacional12, la Biblioteca universitaria13, il Museo Lazaro Galdiano14 di Madrid e la Österreichische Nationalbibliothek15 annoverano uno o più esemplari di questo genere, un paio di esemplari dei quali sono custoditi in una collezione milanese16. Alla scomparsa del duca di Medina, la biblioteca fu acquistata in blocco da William Godolfin, ambasciatore inglese a Madrid dal 1671 al 1678. Molte di queste legature, portate in Inghilterra, recano sul frontespizio la firma di Godolphin. Non è neppure raro trovarne ancor oggi sul mercato antiquario.
17 D 198
Gallucci, Agostino. San Francesco ouero Gierusalemme celeste acquistata poema sacro … oue con deuoto affetto si narrano la vita essemplare, i miracoli marauigliosi, & i documenti santi del glorioso, e serafico padre. Con vna copiosissima tauola. (In Venetia, appresso Barezzo Barezzi, 1618). 4º, [16], 1-20 p., 21-24 c., [1], 26-536, [40] p.Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice costituita da due filetti. Fregio fitomorfo negli angoli interni dello specchio. Minuto ovale raggiato gesuita dalla scritta “I H S” sormontato dalla Croce; al piede i tre chiodi della Passione. Tracce di due coppie di lacci. Cucitura su tre nervi evidenziati dalla coppia di filetti. Capitelli dall’anima passante in pergamena o in pelle allumata. Tagli colorati in rosso. Stato di conservazione: discreto. Materiale di copertura stropicciato. La probabile limitata diffusione del volume stante l’argomento, il carattere economico della coperta e le note tipografiche assegnano la legatura al primo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita nel Veneto.
17 H 540/1-2
Xenophon. I fatti de greci tradotti per Lodovico Domenichi. Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1548. 8°, 153, [7] c.; Xenophon. Della vita di Ciro re de persi, tradotto per Lodovico Dominichi. Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1549 (1548). 8°, 159, [1] c. (Esemp. mutilo).Pergamena floscia decorata in oro. Cornice caratterizzata da motivi fogliati ondivaghi. Vaso fiorito negli angoli interni dello specchio. Armi centrali costituite dallo scudo munito di leone rampante coronato. Tracce di due coppie di lacci. Capitelli in fili écrus dall’anima passante in pelle allumata o in pergamena. Cucitura su tre nervi. Tagli dorati e incisi. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Materiale di copertura parzialmente assente e alcune bruniture al piatto anteriore. I vasi fogliati1 e il decoro inciso lungo i tagli2 di gusto moresco sembrano assegnare la legatura al primo (?) quarto del secolo XVII eseguita in Italia.
17 I 476
Guarini, Guarino. La pietà trionfante tragicomedia morale. In Messina, nella stampa di Giacomo Mattei, 1660. 12º, 270, [2] p.Corali 17 A 146
Graduale del Tempo dalla prima domenica di Avvento alla terza domenica di Quaresima, in latino. [1460-1470 ca.]. Membr. (cart. le c. I e II); 545 x 385 mm; c. I-II + 170 c. + c. III; grafia gotica corale a inchiostro bruno, rubricature a inchiostro rosso, 5 righe di testo a piena pagina.
Cuoio di capra su assi decorato a secco. Cornice caratterizzate da cordami alternati a losanghe dal margine concavo. Cantonali in ottone con bottone centrale muniti di piedi di sostegno in ottone nella porzione inferiore dei labbri. Crisantemo negli angoli interni dello specchio. Umbone circolare. Mazzelli: “Legatura originaria in due grosse assi ricoperte di cuoio, con bulloni e piastre ferree nel piatto posteriore, essendo stati asportati quelli del piatto anteriore assieme ai fermagli”1. I cordami2 e i crisantemi3 incitano ad attribuire la legatura al secolo XVII, verosimilmente eseguita nel Veneto. Volume appartenuto alla Cattedrale di Reggio Emilia.
Mss. Turri E 32
Diploma di laurea rilasciato a Giacomo di Alfonso Turri dalla Università di Pisa, facoltà di giurisprudenza. 1658. Membr.; 5 c.Cuoio di capra su cartone decorato a secco e in oro. Rosetta pentalobata e fregi fitomorfi accantonati esterni e interni, questi ultimi ripetuti sotto forma di otto esemplari addossati nella cartella centrale. Cornice caratterizzata da viticci entro motivi stilizzati trilobati. Tracce di due lacci. Dorso liscio. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Perdita di sostanza. Apprezzabili bruniture. Angoli sbrecciati. L’analogo impianto ornamentale presente in un altro diploma di laurea coevo rilasciato dalla medesima università, custodito presso la Biblioteca universitaria Estense di Modena1 consente di attribuire la legatura al terzo quarto del secolo XVII, verosimilmente eseguita a Pisa. Il diploma di dottorato, rilasciato un tempo dalle università italiane in nome di Cristo sotto forma di solenne documento pergamenaceo, era quasi sempre riccamente decorato con miniature policrome nel testo e protetto con vistose legature. I diplomi di laurea hanno l’aspetto di libretti o plaquette in-quarto che raccolgono di solito sei o più fogli in pergamena, sui quali il testo è vergato in latino. Rivestiti di vitello o di marocchino, sono decorati perlopiù con semplici fasce in oro e con un medaglione stemmato dell’università al centro dei piatti, più raramente con ricche decorazioni nello stile dell’epoca. Esemplari, a questo proposito, le fastose decorazioni su diplomi di laurea del XVII secolo rilasciati dalle Università di Bologna, Padova e Pavia: queste legature ricordano, ed entro certi limiti ripetono, gli schemi delle legature romane post-fanfare o a scompartimenti eseguite su antifonari e messali, caratterizzate da una ricca decorazione in oro a pieno campo, associata in genere a multiple composizioni a ventaglio. Tutti i diplomi sono originariamente provvisti di bindelle in seta e di sigillo racchiuso in una teca metallica; accessori facilmente deteriorabili e oggi quasi sempre mancanti. Il dorso, liscio, è generalmente cucito soltanto con un cordoncino di seta, che dall’indorsatura delle carte passa attraverso due fori all’esterno e all’interno del dorso, ed è fissato con un fiocco al piede. Se ne conoscono esemplari del XVI secolo, ma più noti e facilmente reperibili sono quelli del XVII secolo, caratterizzati da fastose decorazioni barocche in oro, e quelli del XVIII secolo, decorati più sobriamente. Si trovano ancor oggi sul mercato dell’antiquariato librario, dove predominano i diplomi di laurea in giurisprudenza in utroque jure (diritto canonico e diritto civile), mentre sono meno numerosi di quanto ci si potrebbe aspettare quelli di laurea in medicina. Nel corso dei secoli questi attestati hanno perso pagine e fascino: nel Settecento, ricoperti di semplice carta decorata, conservano ancora il testo latino e la scrittura a mano su pergamena. Nell’Ottocento si riducono a un unico, grande foglio pergamenaceo che nell’incipit ha rinunciato al nome di Cristo. Agli inizi del Novecento, le pergamene non parlano più in latino sotto il grosso sigillo di piombo, né proclamano solennemente privilegia et honores: recano invece, in nome del Re, soltanto una sintesi, in italiano, del vecchio testo, affidando il proprio prestigio a decorazioni e medaglioni policromi sui margini. Attualmente sono semplici attestati disadorni, senza fregi, impressi su carta, rilasciati in nome della Repubblica. Il progresso delle scienze e del sapere sembra comportare il prezzo di un minor prestigio formale dell’attestato, che un tempo rendeva illustrissimi e eccellentissimi i dottori in nome di Cristo.