meuccio ruini

L’archivio intitolato a Meuccio Ruini, rispecchia – attraverso manoscritti, dattiloscritti, corrispondenza, documenti e stampati – l’opera di studioso, pubblicista, tecnico e politico, svolta dallo statista reggiano dalle prime prove letterarie di fine ’800 agli ultimissimi anni di vita. Dall’ampia documentazione conservata nell’archivio, pervenuto in due versamenti nel 1988 e nel 2007, emerge il profilo di Ruini che fu al tempo stesso tecnico, politico e intellettuale di alto livello. Tecnico per la conoscenza della macchina amministrativa dello Stato e in particolare del settore dei lavori pubblici. Politico per lo sforzo di adeguare la sua azione alla realtà del momento e per la capacità di confrontarsi con posizioni diverse dalle sue, mediando in modo costruttivo. Intellettuale per la passione dell’indagine critica, che lo portava a unire a ogni iniziativa, in campo amministrativo e politico, un approfondito esame teorico.


meuccio ruini

Meuccio Ruini nasce a Reggio Emilia il 14 dicembre 1877 da Antonio, maestro elementare ex garibaldino, e da Anna Buccella. Suo nome di battesimo era Bartolomeo, ma usò sempre il diminutivo Meuccio, che gli sarà riconosciuto legalmente nel 1946. Dopo gli studi classici a Reggio Emilia, Ruini si laurea in Giurisprudenza a Bologna nel 1899. Durante la giovinezza, sono suoi amici e maestri reggiani illustri come Campanini, Balletti, Prampolini e Vergnanini.
Dopo la laurea, Ruini si trasferisce a Roma per tentare la carriera universitaria, ma ben presto è assorbito dal lavoro di impiegato presso il Ministero dei lavori pubblici, che aveva scelto per finanziarsi gli studi. Inizia così una rapida carriera: nel 1910 è capo gabinetto del ministro Sacchi; nel 1912 diventa direttore generale dei servizi speciali per il Mezzogiorno; nel 1914 entra nel Consiglio di Stato.
Ruini partecipa alla vita politica della capitale e si occupa dei problemi del pubblico impiego. Questo impegno gli apre le porte del Consiglio comunale di Roma (1907) e di quello provinciale di Reggio Emilia (1910).
Ruini milita nel partito radicale, che affondava le sue radici nel pensiero di Mazzini e Garibaldi e intendeva promuovere insieme libertà individuale e giustizia sociale.
Nel 1913 – sempre sensibile ai problemi delle aree meno sviluppate economicamente come la montagna reggiana – è eletto per la prima volta deputato nel collegio di Castelnovo ne’ Monti. Sarà riconfermato nella carica anche nel 1919.
Durante la prima guerra mondiale, si arruola volontario e combatte al fronte come sottotenente del Genio e poi dei Bersaglieri, meritandosi nel 1917 la medaglia d’argento al valor militare.
Nel 1919-1920 diviene sottosegretario all’industria, commercio e lavoro nei governi Orlando e nel primo governo Nitti e ministro delle colonie nel secondo governo Nitti. In un periodo di gravi conflitti, sostiene una ripresa dell’autorità dello Stato e la nascita di una grande formazione politica di centro, obiettivi che più tardi sintetizzerà nello slogan “né comunismo né fascismo”, e nel progetto della democrazia del lavoro.
Dopo la marcia su Roma, Ruini sarà sempre un deciso oppositore del fascismo. Con Amendola dà vita al quotidiano “Il Mondo” (1922) e fonda l’Unione nazionale (1924), movimento antifascista d’ispirazione liberal-democratica. Nel 1927 è espulso dal Consiglio di Stato per antifascismo e fra il 1927 e il 1942 vivrà una sorta di “esilio in patria”.
Il 25 luglio 1943 – giorno della deposizione di Mussolini – Ruini pubblica un’edizione straordinaria del “Mondo” per annunciare la caduta del fascismo e con Bonomi promuove a Roma l’unione delle forze antifasciste, da cui nascerà il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Fra 1944 e 1945 Ruini è ministro senza portafoglio nel primo governo Bonomi, ministro dei lavori pubblici nel secondo e ministro della ricostruzione nel governo Parri. Con la caduta di Parri e l’ascesa di De Gasperi, l’uomo politico, che non aveva visto accolte le sue richieste dal leader democristiano, esce dal governo e nel dicembre 1945 diviene presidente nel Consiglio di Stato.
Alle elezioni del 2 giugno 1946 è eletto nell’Assemblea Costituente come rappresentante dell’Unione democratica nazionale, di cui faceva parte anche il Partito democratico del lavoro da lui fondato. L’assemblea nomina una commissione di settantacinque membri per elaborare un progetto di Costituzione. La Commissione dei Settantacinque fu presieduta da Ruini e si organizzò in tre sottocommissioni e in un comitato ristretto di redazione di diciotto membri, anch’esso presieduto da Ruini. La nuova Costituzione è approvata il 22 dicembre e promulgata il 27 dicembre 1947. Essa reca, fra le altre, l’impronta di Ruini, che vedeva la legge fondamentale sempre rivedibile, in sintonia con le esigenze del Paese.
Gli anni della vecchiaia sono per Ruini quelli delle delusioni politiche e del ripensamento sul passato. Il 25 marzo 1953 accetta la presidenza del Senato mentre si discuteva la riforma elettorale detta “legge truffa”. Dopo una seduta di quattro giorni e tre notti, fra tumulti e scontri all’interno dell’aula, la riforma elettorale diventa legge, ma il premio di maggioranza non sarà applicato nelle successive elezioni per uno scarto di pochi voti. Ruini – favorevole con riserve alla riforma – aveva cercato di garantire il regolare funzionamento del Senato. Attaccato fisicamente e politicamente dall’opposizione di sinistra, rimane impassibile al proprio posto e al termine della seduta esclama: “Ho salvato il Parlamento, ma sono un uomo finito!” Gli ultimi anni vedono un suo progressivo ritiro dalla politica attiva. Nel 1958-1959 accetta la presidenza del CNEL e nel 1963 è nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Segni.
Ruini muore a Roma il 6 marzo 1970 a 92 anni ed è sepolto nel cimitero di Canossa sotto una semplice lapide, come lui stesso aveva chiesto.

l'archivio

L’archivio Ruini è pervenuto alla Biblioteca Panizzi in due versamenti. Il primo, molto più consistente, è del 7 ottobre 1988, mediante donazione da parte di Carlo Ruini, figlio di Meuccio, e grazie all’interessamento dello storico reggiano Franco Boiardi, che fece da tramite tra la famiglia dell’uomo politico e l’Amministrazione comunale di Reggio Emilia. Il secondo versamento, molto meno consistente dal punto di vista quantitativo, ma interessante qualitativamente come completamento del precedente, è del dicembre 2007, sempre donato dalla famiglia Ruini e in particolare dalla nipote Marieli, figlia di Carlo.
Quella che è giunta presso la Biblioteca Panizzi è soltanto una parte, seppure considerevole, del materiale manoscritto, dattiloscritto e a stampa, prodotto da Ruini durante la sua lunga e operosa esistenza e raccolto in quello che lui amava definire “armadio-cimitero dei miei dattilo e manoscritti”.
Le lacune più significative sono rappresentate da quelle che lo stesso Ruini ha definito “perquisizioni e sequestri di carte”, subiti durante il ventennio fascista, soprattutto a partire dal 1926-1927, e dall’assenza delle carte relative a un organico commento della Costituzione e alla sua possibile revisione che, come Ruini dichiarò nelle sue memorie, “se non avrò la forza di completare, verranno conservate presso la biblioteca del Senato”.
L’archivio Ruini si configura come un grande archivio di persona che raccoglie per la maggior parte quanto prodotto dall’uomo politico reggiano nell’esercizio delle sue cariche di consigliere comunale, deputato, ministro e sottosegretario, costituente, senatore, dirigente di partito e nella sua attività di alto funzionario dello Stato e intellettuale. Una piccola parte dell’archivio comprende fascicoli di corrispondenza di natura familiare e scritti editi e inediti relativi e Ruini.
L’archivio si compone di 78 buste archivistiche, che raccolgono complessivamente 179 fascicoli, volumi, quaderni o dossier di materiale in prevalenza manoscritto e dattiloscritto per un totale di 1119 unità documentarie e bibliografiche, 368 fascicoli di corrispondenza per un totale di 1826 lettere e allegati, 146 stampati e 295 fascicoli di periodici. I documenti sono compresi in un arco cronologico che va dal 1815 al 1988.
L’archivio Ruini ha le tipiche caratteristiche dell’archivio contemporaneo, nel quale sono compresenti e strettamente connesse tipologie documentarie diverse, come opere letterarie e carteggi, documenti e ricordi personali, ritagli di giornale e fascicoli di rivista, bozze di stampa, ecc. Questi materiali non si trovano quasi mai raccolti in serie distinte, ma integrati fra loro a comporre una sorta di dossier organici.
L’ordinamento dell’archivio rispecchia le tipologie documentarie in esso presenti e i campi di attività di Ruini. La busta 1 contiene compendi e sommari degli scritti; le buste 2-4 gli scritti autobiografici; le buste 5-16 gli scritti storici e biografici (in particolare su Pellegrino Rossi e Giovanni Amendola); le buste 17-19 scritti e documentazione sulla politica nazionale e internazionale; le buste 20-28 materiali relativi a economia e diritto; le buste 29-33 la documentazione sulla Costituzione italiana e sulle altre costituzioni prese a modello durante i lavori dell’Assemblea Costituente e negli studi successivi di Ruini; le buste 34-43 discorsi e altri scritti; le buste 44-47 contengono minute e bozze di stampa degli scritti apparsi in pubblicazioni periodiche; le buste 48-57 l’ampia corrispondenza pubblica e familiare; le buste 58-64 i documenti sull’attività pubblica e privata; le buste 65-68 gli scritti editi e inediti su Ruini e su suo padre Antonio; le buste 69-73 i documenti a stampa (libri, opuscoli, estratti e bozze di stampa); infine le buste 74-78 le raccolte di periodici.

 

 



Puoi consultare

•   Inventario dell’archivio Meuccio Ruini

 

 

Archivio Meuccio Ruini
Biblioteca Panizzi via Farini, 3
42121 Reggio Emilia

referente
Carmelo de Luca
tel. 0522 585285
carmelo.de.luca@comune.re.it

 

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