venezia
le antiche legature di pregio . il cinquecento
VENEZIA
INC. E 3 | INC. G 15 | 13 C 389 | 15 I 517 | 16 D 140 | 17 B 112 | 17 D 494 | 17 I 702 | Ed. Ald. C 11 | Ed. Ald. D 8 | Ed. Ald. E 8 | Ed. Ald. E 9 | Ed. Ald. E 11 | Ed. Ald. E 26 | Ed. Ald. E 33 | Ed. Ald. F 35
INC. E 3
Alfonso X, re di Castiglia e di León. Tabulae astronomicae, cur. Johann Lucilius Santritter, con aggiunte di Augustinus Kaesen-brot. [Con:] Johann Lucilius Santritter, Canones in tabulas Alphonsi. Venezia, Johann Hamman, 31 ottobre 1492. 4°.
Legatura su cartone alla quale sono stati applicati i piatti in cuoio di capra rosso decorato a secco e in oro. Cornici concentriche decorate con arabeschi e nodi complessi. Una rosetta esalobata negli angoli esterni e interni dello specchio. Cucitura su quattro nervi. Croce centrale raggiata entro una cartella circolare dai motivi fitomorfi affiancata da una coppia di fregi pieni di gusto aldino. Tracce di quattro lacci. Scompartimenti del dorso provvisti di una coppia di filetti incrociati. Tagli dorati e incisi. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Materiale di copertura scomparso lungo il dorso, in parte sul piatto posteriore. Apprezzabili spellature ai quadranti. Volume restaurato.
I fregi1 assegnano la legatura al primo quarto del secolo XVI eseguita a Venezia.
INC. G 15
Ludolph von Sachsen. Vita Christi. Brescia, Angelo e Giacomo Britannico, 30 ottobre 1495. 4°.
Legatura su cartone alla quale sono stati applicati i piatti di una coperta in cuoio bruno decorato a secco e in oro. Coppia di cornici dorate, esterna a filetto rettilineo, interna munita di archi in corrispondenza delle porzioni mediane. Negli angoli del riquadro esterno e interno, rispettivamente, una foglia di vite e un fregio fitomorfo cuoriforme. Cartella centrale munita di gemme e di tre stelle interne. Cucitura su tre nervi. Tagli spruzzati di rosso e di blu.. Stato di conservazione: mediocre. Materiale di copertura screpolato, scomparso lungo il dorso e in parte assente ai piatti. Diffuse bruniture. Volume restaurato.
Il genere di cartella1 propone di attribuire la legatura del genere aldino al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia2.
Accanto alla crescente fastosità delle legature dogali, si sviluppa e perdura per tutto il Cinquecento uno stile essenzialmente semplice ed equilibrato, compendiato nelle legature del genere aldino.
Le edizioni che uscirono a Venezia dall’officina tipografica di Aldo Manuzio sono chiamate aldine; tale denominazione fu tuttavia applicata impropriamente anche a legature dell’epoca, eseguite su edizioni non aldine di piccolo formato, caratterizzate da una decorazione tipica per la sua sobrietà, come quella impiegata per i libri di piccolo formato stampati da Aldo. Queste legature, eseguite generalmente in cuoio bruno con supporti di cartone, i nervi poco rilevati, presentano ai piatti una doppia cornice di filetti a secco e una singola dorata, con piccoli ferri a motivo vegetale (foglie d’edera, rosette) all’esterno e all’interno dei quattro angoli, e un semplice fregio al centro dei piatti stessi. Sul piatto anteriore sono impressi in oro, a lettere capitali, il nome dell’autore e il titolo dell’opera; in basso compaiono ora il nome del possessore ora la data d’esecuzione della legatura: elementi che talvolta figurano inseriti al centro del piatto, in un cerchio o in un piccolo cartiglio. E’ la grande semplicità, forse suggerita da un raffinatissimo Aldo Manuzio, a dare il tono a gran parte delle legature veneziane del primo ventennio del secolo XVI. La decorazione non potrebbe essere più sobria: cornici dritte di filetti a secco, una dorata, agli angoli una foglia piena, che per trovarsi in legature di edizioni aldine, ne prese il nome; oppure rosetta a sei lobi, sul piatto anteriore in alto, e il nome dell’autore impresso in lettere capitali. Questo semplice schema, in uso nei primi decenni del XVI secolo, si modifica in seguito per la sostituzione delle sobrie cornici dorate con una fascia decorata con motivi vegetali e arabeschi di gusto orientale; a partire dal 1530 circa compare l’impiego di una losanga o di un fregio a contorni mossi e variati. Il dorso presenta nervi rilevati, talvolta alternati a nervi piatti.
A dispetto del nome dato a queste legature, è accertato che Aldo Manuzio il vecchio non ebbe un suo proprio laboratorio di legatura adiacente alla tipografia di Campo San Paternian. Le edizioni a stampa provviste di legatura da lui stesso regalate hanno il carattere coerente alle contemporanee legature veneziane. La legatura cosiddetta aldina si afferma soltanto dopo la morte di Aldo (1515); la sua grande diffusione – dapprima negli ambienti universitari di Padova, Bologna, Ferrara, Pavia, Firenze e Roma, poi in tutta Europa, specie a Lione – è posteriore agli anni Venti del XVI secolo. Manuzio può certamente aver dato grande impulso all’elaborazione di questo nuovo stile, sviluppatosi lentamente nell’ambito di più botteghe veneziane, con la sua edizione di classici in-dodicesimo; tuttavia esso non gli appartiene pienamente, essendo il risultato di una elaborazione collettiva. Si dovrebbe pertanto parlare non già di legature aldine bensì di legature di tipo aldino, per indicare un genere e non una bottega. Le aldine, manufatti di buona qualità e di costo non eccessivo, rappresentavano l’alternativa al lusso delle legature orientaleggianti in uso a Venezia nella prima metà del Cinquecento.
La legatura aldina per la sua raffinata semplicità, non avrebbe potuto avere altra patria che Venezia: nel momento della sua massima diffusione tuttavia, nel Cinquecento già inoltrato, le sue forme puramente geometriche incominciano a non soddisfare più: si cercano nuove forme espressive. Le cornici rettangolari delimitate da filetti, tendono ad incurvarsi verso l’esterno (cfr. Aldine E 26) agli angoli e nelle porzione mediane dei lati; all’interno del campo. Verso il 1530, la decorazione si rende autonoma e tende ad essere accentrata dal centro del piatto, dal titolo dell’opera racchiuso ad esempio, entro un ovale. Una decina di anni dopo, prende il sopravvento nell’impostazione decorativa del piatto la targa a forma di losanga rettilinea che interseca la cornice.
13 C 389
Sedulius Scotus. In omnes epistolas Pauli collectaneum. Basileae, excudebat Henricus Petrus, mar. 1528. fol., [14], 110, [1] c.
Cuoio di capra bruno su cartone decorato a secco. Fasci di filetti concentrici. Cornici munite di cordami, fogliami quadrilobati entro due coppie di foglie circinnate affrontate, volute fogliate. Cinque mazzi di fregi fitomorfi addossati nello specchio. Tracce di quattro coppie di lacci in tessuto blu. Dorso liscio rivestito da un lembo cartaceo. Tagli con tracce di colorazione in azzurro. Stato di conservazione: discreto. Spellature ai piatti. Angoli sbrecciati.
I fogliami quadrilobati entro due coppie di foglie1 che ricordano quelli presenti in manufatti latamente coevi prodotti nella Serenissima2 dall’Agnese binder3 (Bartolomeo di Giovanni di Fino [?]) attivo dal 1520 fino al 1545 circa, e le note tipografiche assegnano la legatura a secondo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia4. Materiale di copertura di buona qualità.
15 I 517
Rojas, Fernando de. Celestina tragicomedia di Calisto et Melibea. Vinegia, per Francesco di Alessandro Bindoni & Mapheo Pasini compagni, zug. 1531. 8° [119] c.; Trissino, Gian Giorgio. La Sophonisba li retratti epistola oracion al serenissimo principe di Vinegia. Venetia, per Ieronimo Pentio da Lecho a instantia di Nicolo Garanta, 29 mar. 1530. 8° 63, [1] c.; Epicuro, Marco Antonio. Cecaria. Venetia, per Vittor de Ravanni & compagni, 1533. 8°, [32] c.
Cuoio di capra bruno su cartone decorato a secco e in oro. Fasci di filetti. Cornice caratterizzata da due filetti, intrecciati quelli interni. Rosetta esalobata negli angoli dello specchio. Nel quadrangolo sul piatto anteriore la scritta in caratteri capitali “CELE/STI(N)A CARCE/R./SOFONISBA/CECA/RIA”, “FR/ANC/SPINELL/I” su quello posteriore. Tracce di quattro coppie di lacci. Scompartimenti muniti di arabeschi. Cucitura su tre nervi alternati ad altrettanti apparenti. Tagli dorati e incisi. Stato di conservazione: discreto. Dorso rifatto. Bruniture ai piatti.
I filetti incrociati ai piatti1, le rosette2 e le note tipografiche assegnano la rara legatura al secondo quarto del secolo XVI, eseguita a Venezia2. Caratteristici per le legature rinascimentali italiane, i nervi alternati a quelli apparenti3.
16 D 140
Cato, Marcus Porcius. Libri de re rustica a Nicolao Angelio recogniti & typis excusi. M. Catonis lib. I. M. Terentij Varronis lib. III [et alia]. Florentiae, per heredes Philippi Iuntae, 28 sep. 1521. 4°, [20], 218, 126 c.
Cuoio di capra bruno su cartone decorato a secco e in oro. Filetti concentrici collegati negli angoli. Cornice caratterizzata da arabeschi. Foglia piena cuoriforme di gusto aldino negli angoli dello specchio. Tracce di due coppie di lacci. Cucitura su tre nervi. Tagli blu spruzzati di rosso. Stato di conservazione: discreto. Materiale di copertura in fase di distacco al piede del dorso. Marginali spellature. Angoli ricurvi, parzialmente sbrecciati.
Diversi fregi1 e le note tipografiche propongono di ritenere la legatura propria della prima metà del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia.
17 B 112
Thucydides. De bello Peloponnensium Atheniensiumque libri octo Laurentio Vallen. interprete. [Paris], in aedibus Ascensianis, 3 id. iul. 1513. fol., CXXII, [4] c.
Cuoio di capra bruno su cartone decorato a secco e in lega d’oro. Filetti concentrici bruniti. Cornice caratterizzata da arabeschi. Quarti d’angolo di foggia orientaleggiante nello specchio. Sei gemme centrali. Tracce di quattro coppie di lacci. Cucitura su tre nervi. Tagli colorati in blu, al piede iscrizione ms. di mano antica: “TVCYDIDI ATHENIENSIS HIST.”. Stato di conservazione: mediocre – discreto. Materiale di copertura in parte assente in testa e al piede dei piatti, rivestiti da una pezza in tela violacea. Apprezzabili spellature al piatto posteriore. Bruniture ai quadranti. Angoli ricurvi e parzialmente scomparsi.
Alcuni fregi1 e le note tipografiche consentono di attribuire la legatura al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia. Materiale di copertura di buona qualità.
17 D 494
Petrarca, Francesco. Il Petrarcha con l’espositione d’Alessandro Vellutello. Venetia, per Gabriel Gioli di Ferrarij, 1543 (1544). 4°, [8], 197, [7] c. ill.
Il manufatto caratterizzato dalla cornice centrale interrotta da archetti nella porzione mediana1 e dalla cartella di foggia orientaleggiante2 notata in esemplari rinascimentali romani3 congiuntamente alle note tipografiche assegnano la legatura del genere aldino4 (cfr. Inc. G 15) al secondo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia.
17 I 702
Pontano, Giovanni Gioviano. Urania seu de stellis libri quinq. (Amorum libri [et alia]). Florentiae, ex officina Philippi de Giunta, sumptib. suis, iun. 1514. 8°, 2 v.
Ed. Ald. C 11
Quintilianus, Marcus Fabius. Institutionum oratoriarum libri XII. Venetiis, in aedibus Aldi, et Andreae soceri, ian. 1521. 4°, [4], 230 c.
L’essenziale decoro del genere aldino (per la nozione, cfr. Inc. G 15), la rosetta1 e il nome dell’autore abbreviato (“Q[uintilianus]”) inducono ad attribuire la legatura al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia. Dorso rifatto come tra l’altro attesta la diversa tonalità della doratura dei filetti orizzontali applicata ad evidenziare i nervi.
Ed. Ald. D 8
Ovidius Naso, Publius. Metamorphoseon libri quindecim. Venetiis, in aedibus Aldi, oct. 1502. 8°, [268] c.
Ed. Ald. E 8
Ovidius Naso, Publius. Metamorphoseon libri quindecim. Venetiis, in aedibus Aldi, oct. 1502. 8°, [268] c.
Ed. Ald. E 9
Ovidius Naso, Publius. Heroidum epistolae [et alia]. Venetiis, in aedibus Aldi, dec. 1502. 8°, [202] c.
Le foglie d’edera1, la cornice costituita da un filetto continuo interrotto da quattro archi nelle porzioni mediane (cfr. Ed. Ald. E 26, Inc. G 15) a testimoniare il superamento del modulo ornamentale iniziale caratterizzato dal riquadro rettilineo, e le note tipografiche inducono ad assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia.
Ed. Ald. E 11
Ovidius Naso, Publius. P. Ovidij Nasonis vita per Aldum excerpta. Heroidum epistolae. Amorum lib. III [et alia]. Venetiis, in aedibus haeredum Aldi, et Andreae soceri, ian. 1533. 8°, [12], 172, [8] c.
L’impianto ornamentale e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura del genere trade binding1 o editoriale al secondo quarto del secolo XVI, eseguita a Venezia da Andrea di Lorenzo o Mendoza binder.
Artigiano attivo a Venezia dal 1520 al 1555 circa., lavorò per Diego Hurtado de Mendoza, ambasciatore spagnolo a Venezia dal 1539 al 1547, e per altri personaggi importanti come Benedetto Curzio, ambasciatore del duca di Milano Francesco II Sforza presso la Serenissima. Ilse Schunke si è riferita a lui connotandolo impropriamente come Wanderbuchbinder o legatore ambulante: pare avesse precedentemente esercitato la professione a Pavia e a Milano. Tenuto conto della sua attività a Venezia per Federico Torresani, sembra corretto denominare questo legatore, almeno nella sua attività iniziale, come Torresani binder. Le legature, eseguite con meticolosità, sono talora caratterizzate dalla presenza del titolo dell’opera, dal nome del possessore e dall’anno di esecuzione del lavoro. Il Mendoza binder è stato pure l’esecutore di una particolare decorazione a filetti paralleli, costituita da una serie di filetti dorati equidistanti, alternati a due filetti a secco, disposti verticalmente a colmare i piatti2, e da un medaglione centrale. Nelle legature di questo Maestro colpisce la modernità dello schema decorativo3.
Anthony Hobson ne ha scoperto l’identità (Andrea di Lorenzo) attraverso documenti d’archivio. Lo stesso autore ha presentato nel volume Renaissance book collecting un elenco di circa 370 esemplari, definendone le caratteristiche cui vanno aggiunte almeno dieci4 altre legature (esclusa quella presentata) quindi rinvenute. La maggior parte delle sue coperte si trovano in biblioteche pubbliche. Ricordiamo quelle più importanti per numero di esemplari: Biblioteca dell’Escorial (censiti 147), Nazionale di Monaco di Baviera (34), Nazionale di Francia, Parigi (26), Museo Correr di Venezia (23), Bodleian Library di Oxford (14), British Library di Londra (12), Pierpont Morgan Library di New York (9), Biblioteca Vaticana di Roma (8). Esemplare non incluso nella lista di 385 legature di questo genere redatta da Anthony Hobson. Questa Biblioteca custodisce un altro esemplare (cfr. Ed. Ald. F 35) editoriale riferibile a questo atelier. Usuale nelle legature italiane del tempo la Fortuna6.
Ed. Ald. E 26
Plinius Caecilius Secundus, Caius. Epistolarum libri X [et alia]. Venetiis, in aedib. Aldi, et Andreae Asulani soceri, iun. 1518. 8°, [28], 525, [1] c.
L’impianto ornamentale (cfr. Ed. Ald. E 9, Inc. G 15) e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia. Caratteristici per i manufatti italiani del tempo, i nervi poco rilevati1.
Ed. Ald. E 33
Dion Cassius. Nervae & Traiani, atq; Adriani Caesarum vitae ex Dione, Georgio Merula interprete [et alia]. Venetiis, in aedibus Aldi, et Andreae soceri, aug. 1519. 8° [8], 422, [2] c.
Le foglie d’edera1, le gemme2 e le note tipografiche consentono di ascrivere la legatura al primo quarto del secolo XVI, verosimilmente eseguita a Venezia. Materiale di copertura del dorso scolorito per la prolungata esposizione alla luce.
Ed. Ald. F 35
Martialis, Marcus Valerius. Martialis. Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, dec. 1517. 8°, 190, [2] c.
Per il commento cfr. Ed. Ald. E 11. Secondo le aspettative per questo genere di legatura, il titolo dell’opera in testa al piatto anteriore1.